mercoledì 29 maggio 2013

A tutti i miei lettori: le mie coordinate sul web sono cambiate.
D'ora in poi tutti i miei post saranno pubblicati in questo blog:

http://urgulon.wordpress.com/

Gradualmente sposterò nel nuovo blog anche i racconti finora pubblicati qui.

Anche il mio indirizzo email è cambiato. Per chi volesse contattarmi, il nuovo indirizzo è

profwhip@mail.com

Chi era già in contatto con me al vecchio indirizzo, è pregato di ricontattarmi a quello nuovo.

venerdì 14 dicembre 2012

Le umilianti confessioni di un cuckold - p.4

La mattina dopo quell'umiliante conversazione di Marco e Rossella in chat, mia moglie mi chiese di telefonare in ufficio e comunicare che ero indisposto e sarei rimasto a casa. Disse che aveva molte cose da farmi fare, e la prima fu quella di prepararle una abbondante colazione, "perché oggi avrò bisogno di molte energie". Mi fece indossare solamente un grembiule da cucina, e mi mise ai fornelli mentre lei si rilassava. Era andata a dormire con addosso solo un babydoll - un mio regalo, che avevo scelto perché lo trovavo terribilmente eccitante - e con quello addosso si sedette a tavola ad aspettare che avessi finito di prepararle da mangiare. Per stuzzicarmi, si sedette appoggiando una gamba a un bracciolo della sedia, una posizione in cui, se avessi osato guardare in quella direzione, fra le sue cosce sensuali, avrei potuto vedere quello che da troppo tempo ormai desideravo inutilmente vedere. Naturalmente sapevo che quella vista mi era proibita, e resistetti alla tentazione; in un istante però si affacciò alla mia mente l'idea che quello spettacolo che mi era negato, con ogni probabilità, sarebbe stato offerto a quello sconosciuto, quel Marco, a cui con la mia sottomissione del giorno prima avevo praticamente consegnato mia moglie.

"Hai ripensato al mio appuntamento di oggi?" mi chiese Rossella, con tono malizioso, mentre cucinavo. "Si, tutta la notte", risposi, con la voce rotta dall'umiliazione, dal dolore del tradimento che stavo per subire, o dall'eccitazione. "E hai desiderato masturbarti mentre ci pensavi?" "Si..." risposi, mio malgrado. "Se fai per filo e per segno tutto quello che ti chiedo, oggi," disse lei, "questa sera ti concederò di... arrivare in fondo, per una volta." "In fondo?" chiesi, confuso. "Si, stupido. Di venire."

Rimasi in silenzio qualche secondo. Forse volutamente, la sua frase mi lasciava il dubbio: era lei che mi avrebbe fatto venire? Come? O mi sarei semplicemente dovuto - potuto - masturbare? In ogni caso, il pensiero me lo fece diventare ancora più duro. "Grazie," risposi. Nella mia mente ancora dubbi: mi eccitava il fatto di poter venire? O il fatto che sarei stato costretto a godere dell'idea che mia moglie si era data a un altro? Forse la seconda cosa...

"Cosa devo fare?"

"Per cominciare, ora, mentre mi servi la colazione, io terrò le cosce spalancate, e tu mi dimostrerai di essere diligente e non guarderai... lì, nemmeno una volta. Guarda per terra."

"Va bene", mormorai, mentre percepivo con la coda dell'occhio che Rossella aveva appoggiato anche l'altra gamba all'altro bracciolo della sedia, spalancando del tutto le gambe.

"Poi," continuò lei, "per oggi mi devi un extra di servilismo per quello che ti ho promesso, quindi voglio che rispondi "va bene padrona" o "si padrona". Non è una cosa che dovrai fare sempre: per oggi sarà così. Hai qualcosa in contrario?"

"No, padrona", risposi, dimostrando subito la mia protenzza a sottomettermi. Un brivido di eccitazione mi percorse la spina dorsale, convergendo nel mio membro turgido e frustrato.

"Ottimo," disse lei. Versai il caffelatte nella tazza preferita di Rossella, e preparai un piatto con biscotti e pasticcini.

"Quando avrò finito la colazione, e avrai sparecchiato, andrai in camera e sceglierai il mio completino intimo più sexy, quello che ti piacerebbe di più che indossassi per te... Voglio che osi, so che ti piace immaginarmi addobbata da porca, scegli di conseguenza. Immagina quello che indosserei nella serata dei tuoi sogni."

"Si padrona".

"E una volta che lo hai scelto, mentre mi faccio il bagno, preparamelo in ordine sul letto e contemplalo in ginocchio, pensando che stasera Marco mi vedrà col completino dei tuoi sogni, e masturbati."

Deglutii. Mi vedrà? 

"Si, padrona," risposi.

"Se questo ti eccita di più - e credo proprio che di si - tieni presente che tu non mi vedrai con quel completino. Sicuramente non oggi, almeno. Lo spettacolo è riservato. Tutto chiaro?"


"Si, padrona," risposi ancora, umiliato dallo spettacolo che stavo dando a mia moglie - dato che a quelle ultime parole di Rossella, immancabilmente, il mio membro già duro aveva avuto un imbarazzante movimento, sollevando oscenamente il grembiulino. Sapevo che lei avrebbe colto l'occasione per infierire...

"Guardami negli occhi, ora", disse lei, infatti. Io obbedii, sollevando gli occhi da terra e incontrando il suo sguardo, mentre le guance mi avvampavano. "Sbaglio," disse lei sorniona, fissandomi con un sorriso malizioso, e avvicinando pericolosamente la punta dell'indice al mio membro coperto dal grembiulino, "o questo birbante trema di piacere ogni volta che ti nego qualcosa?"

"No... non sbagli, padrona" risposi, sentendo di starmi sempre più arrendendo a qualcosa che sarebbe stato difficile controllare.

"Sei così eccitato che basterebbe sfiorarti con la punta di un dito per farti sporcare tutto il tuo bel grembiulino... e tutto perché sai che oggi Marco avrà tutto... e tu niente... non è così?"








mercoledì 25 gennaio 2012

Roberta ricattata p. 13 - La laurea di una schiava (2/3)

Il pomeriggio passò veloce. Roberta preparò gli ultimi documenti per la tesi, stampò i lucidi, ripassò ancora una volta la sua presentazione.

Fortunatamente, Alberto era partito in gita scolastica, cosicché Roberta poté concentrarsi sul proprio lavoro. Verso le sette del pomeriggio, entrò in camera sua madre Lucia. - Dobbiamo cenare un po' presto, oggi, tesoro - le disse. - Dopo cena verrà a farci visita un cliente.


Roberta annuì, ignorando deliberatamente il tono preoccupato della madre. Da quando i genitori di Roberta avevano aperto un'attività commerciale, in molte occasioni Roberta aveva avuto l'impressione che ci fosse qualche problema. Li aveva sentiti discutere, e una volta aveva persino avuto l'impressione che sua madre piangesse, nella sua stanza. Tuttavia, Roberta aveva deciso di non chiedere nulla; sentiva di non poter reggere più preoccupazioni di quelle che la sua situazione personale già le causava. Anche questa volta, non chiese nulla. - Va bene, mamma, arrivo subito, - disse semplicemente.


A tavola, il silenzio era quasi palpabile, e Roberta, che non sopportava la tensione, cercò di intavolare una discussione sulla gita di Alberto. Quando furono giunti all'ultima portata, mentre Roberta stava parlando, il padre, Sergio, si alzò frettolosamente da tavola. - Scusaci, tesoro, - disse, - ma è ora di sparecchiare. Il signor Marchi sarà qui fra meno di mezz'ora.


Sentendo quel nome, Roberta ammutolì di colpo. - Stai bene? - le chiese sua madre, vedendola impallidire. - Si, mamma, - balbettò lei, - sono solo stanca... sai, la tesi... Andrò in camera mia, se non vi spiace.

Anna sorrise. - Certo, - le disse. - In ogni caso, sai, faremo solo una noiosa discussione di lavoro.


Roberta aiutò la madre a sparecchiare, e poi andò in camera sua. Il cuore le batteva forte. Si sedette sul letto, e cercò di tranquillizzarsi. Non c'era motivo di pensare che si trattasse di quel Marchi, l'uomo che aveva incontrato nella villa di Carlo, e che aveva abusato di lei, trattandola come una serva. Poteva essere chiunque. Quando sentì suonare alla porta, tuttavia, decise che doveva togliersi il dubbio. Cercando di non far rumore, si avvicinò alla porta che separava la zona notte dalla zona giorno, mettendosi a origliare. Quando sentì la voce dell'ospite, il sangue le si gelò nelle vene. Era la stessa voce... quella voce...


Rimase ad origliare, con le ginocchia che le tremavano. Lucia e Sergio fecero accomodare l'ospite in salotto, cosa che rese più difficile a Roberta distinguere bene quello che veniva detto. Dopo alcuni convenevoli, i tre
iniziarono a discutere di affari. Roberta non era in grado di capire bene ciò che veniva detto, ma ebbe l'impressione che i suoi genitori parlassero di un qualche problema che avevano avuto nel rispettare certe forniture.

Quando prese la parola il Marchi, facendo loro una sorta di proposta, Roberta sentì che il tono della voce dei suoi genitori cambiava completamente, come se fossero sollevati e riconoscenti.


Dopo circa una decina di minuti, il Marchi si schiarì la gola. - Ora, vorrei che voi leggeste con calma i termini dell'accordo, - disse. - Se non ci sono problemi, potremmo vederci dal notaio domattina presto. Vorrei usufruire del bagno mentre esaminate questo documento.


Anna si offrì di accompagnarlo, ma il Marchi rifiutò, dicendo di non avere molto tempo e che preferiva che leggessero il documento con calma insieme.


- D'accordo, - rispose Anna, - è la prima porta sulla sinistra...


Roberta si rese conto che il Marchi veniva da quella parte, e tornò di corsa in camera sua, chiudendo la porta delicatamente e sedendosi sul letto, tremante. Sentì la porta del corridoio che si apriva, e poi altre maniglie,
come se il Marchi, anziché dirigersi in bagno, stesse per qualche motivo guardando in tutte le stanze. Quando la ragazza si rese conto di quello che stava accadendo, era troppo tardi. Il Marchi aveva aperto la porta della sua stanza, ed era entrato.


- Sono contento di trovarti in casa, - disse l'uomo. Roberta arrossì, incapace di parlare. Come al loro primo incontro, lo sguardo severo degli occhi freddi e grigi del Marchi bastava a farla sentire completamente impotente. L'uomo le si avvicinò. - Non sembri stupita di vedermi, - disse, - suppongo che tu stessi origliando...


- I tuoi genitori sono molto contenti dell'affare che ho proposto loro, - disse il Marchi. - Li salverà dalla rovina. Loro, comunque, restano due stupidi falliti...


L'uomo sollevò le mani verso la camicetta di Roberta. La ragazza, come paralizzata, ebbe appena un tremito istintivo, ma non le riuscì di opporre resistenza. Il Marchi iniziò a slacciarle i bottoni, freddamente. Le aprì la
camicetta e le abbassò bruscamente le spalline del reggiseno, e poi le coppe, denudandole i seni. - Toglilo, - le ordinò.


Pur non essendone certa, Roberta aveva l'impressione che l'accordo che il Marchi aveva proposto ai suoi genitori avesse un prezzo, e che spettasse a lei pagarlo. Senza dir nulla, si sfilò il reggiseno, senza togliere la
camicetta. Il Marchi la guardò con calma, e le sollevò la gonna. - Anche quelle, - disse, indicando le mutandine di Roberta. Arrossendo, la ragazza obbedì. - Vedo che adesso ti depili, - disse il Marchi, con tono di derisione. Roberta abbassò il capo. - Si, signore, - disse.


L'uomo la osservò. - Vorresti essere scopata qui e subito, con i tuoi genitori dall'altra parte della parete?


- N... no... la prego, - mormorò Roberta. Sapeva che se il Marchi l'avesse chiesto, lei avrebbe dovuto obbedire. Lui non replicò, e portò la mano all'interno della propria giacca. - Non è stato facile nasconderlo, -
disse, - ma ne valeva la pena. - Con quelle parole, estrasse dalla tasca della giacca un fallo di cuoio imbottito, lucido, di dimensioni mostruose. - Fra circa dieci minuti, chiederò ai due falliti di presentarmi loro figlia. Quando ti chiameranno, ti unirai a noi, e avrai questo infilato per intero nella fica.


Appoggiò l'oggetto alla bocca di Roberta. - E'... troppo... grosso... - mormorò lei, ma il suo mormorio fu in parte soffocato dall'oggetto, che il Marchi le spinse in bocca appena lei dischiuse le labbra per parlare. Il fallo era così grosso che Roberta faceva quasi fatica ad aprire la mascella a sufficienza per prenderlo. - Tutto, nella fica, - ripeté lui. - Se hai ancora qualcosa da obiettare, deciderò che lo devi avere in culo. Ci siamo capiti?


Roberta piangeva, ma non replicò, annuendo debolmente. Il Marchi le sfilò l'oggetto dalla bocca, lo usò come manganello per colpirle i seni un paio di volte, e poi lo gettò per terra. - Inoltre, procurati del nastro adesivo per pacchi e usalo per spalancarti le labbra della fica. Sai cosa intendo.

- Si... signore, - mormorò ancora lei.


- Infine, - disse il Marchi, cavando di tasca due piccoli anellini di gomma nera, e buttandoli sul letto, - questi sono per i capezzoli. Applicali alla base del capezzolo. E togliti questa camicetta; indossa un golfino di
cotone.


L'uomo accarezzò il volto di Roberta. - Ti meriti tutto questo, - le disse, - e lo sai. Sei figlia di pezzenti che volevano fare i soldi ma non erano abbastanza intelligenti per farlo, e sei o eri fidanzata con un poveraccio
dello stesso calibro.


Si voltò, e si diresse alla porta. - Quando verrai di là, trovero' il momento giusto per controllare se hai fatto tutto quello che ti ho ordinato. Cerca di non deludermi.


Con queste parole, uscì dalla stanza. Roberta si accasciò sul letto, a singhiozzare. Molto presto, tuttavia, si rese conto che non aveva molto tempo. Prese il mostruoso fallo di cuoio, tremando. L'oggetto aveva una
circonferenza di poco inferiore a una bottiglia di birra, ed era anche più lungo. Le sembrava impossibile che potesse entrare nella sua vagina. Prese un rotolo di nastro adesivo da un cassetto della propria scrivania, un top di cotone, e si recò in bagno, chiudendosi dentro. Qui, si sedette sul bidet, spalancando le gambe. Tentò di appoggiare la punta del fallo di cuoio al proprio sesso, e di aprirsi la vagina più che poteva con due dita della mano libera. Vedendo che il tentativo era vano, si riempì il palmo della mano di sapone liquido, e iniziò a strofinare il fallo di cuoio, come se stesse masturbando un uomo. Si rese conto di non essere comunque abbastanza bagnata, nonostante la sensazione di perverso, detestabile piacere che i modi autoritari del Marchi le facevano provare suo malgrado. Meccanicamente, iniziò a strofinarsi il grosso membro di cuoio sulla vagina, mentre si accarezzava i seni e i capezzoli. Il suo sesso iniziò a rispondere. Tentò nuovamente di
metterselo dentro e questa volta, quasi con sorpresa, vide che iniziava a scivolare dentro. La penetrazione era molto dolorosa, e le dilatava la vagina nel modo più osceno, ma Roberta sapeva di avere poco tempo. Chiudendo gli occhi e stringendo i denti, spinse con forza. Grosse lacrime le scivolarono dagli occhi chiusi lungo le guance mentre il terribile arnese guadagnava millimetro dopo millimetro, aprendole il sesso in quel modo umiliante. Quando fu dentro per un terzo, Roberta iniziò a maneggiarlo, spingendolo ritmicamente dentro e fuori, guadagnando nuovi centimetri a ogni penetrazione.


Dopo un tempo che le parve infinito, e dopo aver cosparso il fallo di cuoio con altro sapone, riuscì a infilarlo fino alla base. La vagina le doleva atrocemente. Si asciugò le grandi labbra con l'asciugamano da bidet, e
strappò due grossi pezzi di nastro adesivo, che applicò alle proprie grandi labbra e alle proprie cosce, aprendosi come il Marchi aveva chiesto.


A questo punto, i suoi capezzoli si erano irrigiditi, e fu semplice, sebbene doloroso, applicare gli anelli di gomma come le era stato chiesto.


Uscì dal bagno proprio mentre suo padre stava venendo a cercarla. - Tesoro, - le disse, - il signor Marchi gradirebbe conoscerti...


Nello sguardo di suo padre, Roberta vide una gioia che non aveva visto da tempo. L'affare si stava concludendo felicemente e l'uomo ne era chiaramente sollevato. - A... arrivo, papà, - disse Roberta, fermandosi nel corridoio. - Dammi solo un attimo...

Sergio guardò la propria figlia. - Si, certo, - le disse. - E.... metti un reggiseno, tesoro.


Roberta arrossì violentemente. Era chiaro che suo padre si riferiva al modo osceno in cui i suoi capezzoli, allungati dagli anelli che li stringevano alla base, facevano capolino attraverso il tessuto del top. Annuì,
sforzandosi di sorridere, ma morendo di imbarazzo, e si chiuse in camera.

Ovviamente, non poteva indossare un reggiseno. L'enorme oggetto che teneva nella vagina le creava difficoltà a camminare, ma verificò di poter dissimulare. Era anche sufficientemente ben piantato dentro di lei da non
poterle cadere accidentalmente, nonostante il sapone che lo lubrificava. Quindi, Roberta si fece coraggio, e si recò in sala. I suoi genitori e il signor Marchi erano seduti al tavolo del salotto, su comode sedie imbottite. - Ah, ecco... Roberta, giusto? - disse il Marchi, sorridendo e alzandosi. - Piacere, - disse Roberta, sorridendo e stringendo la mano all'uomo che l'aveva appena costretta a torturare la propria vagina.


- Siediti qui, - disse il Marchi, indicando a Roberta la sedia accanto a lui. I genitori di Roberta erano seduti dall'altra parte del tavolo. Lucia chiese al Marchi se non preferiva sedersi sul divano, ma l'uomo scosse il capo. Roberta fece per sedersi. Ricordando che il Marchi desiderava verificare personalmente che lei avesse obbedito ai suoi ordini, senza darlo a vedere Roberta alzò la parte posteriore della gonna mentre si sedeva, appoggiando le natiche nude sulla sedia. In questo modo, sarebbe stato più facile sollevarsi la parte anteriore della gonna se il Marchi le avesse fatto capire di farlo.


Diede uno sguardo a suo padre, ma lo distolse subito, vedendo che Sergio si era accorto che Roberta non si era messa il reggiseno come lui le aveva chiesto.


- Dunque, Roberta studia... informatica, giusto? - fece il Marchi. - Informatica, - rispose Sergio, raggiante. - E' il nostro piccolo genio... tutti trenta! Siamo molto fieri di lei.


- Ne avete certamente motivo, - disse il Marchi, sorridendo. - E' una bravissima ragazza, glielo si legge in faccia...


Roberta si accorse che la mano del Marchi si spostava verso di lei, sotto il tavolo. L'uomo prese l'orlo della gonna e lo sollevò, scoprendo completamente Roberta. Lei arrossì, dando uno sguardo rapido ai suoi
genitori per accertarsi che non potessero vedere ciò che stava accadendo. - Una ragazza che ha il senso della disciplina, - continuò il Marchi, sorridendo, mentre la sua mano si spostava sulla vagina di Roberta, controllando che il membro di cuoio fosse ben dentro. Roberta non si era mai sentita così umiliata. Le dita di uno sconosciuto le stavano sfiorando le grandi labbra, spalancate dal mostruoso membro di cuoio e dal nastro
adesivo, sotto gli occhi dei suoi genitori.


- Spiega al signor Marchi in cosa consiste la tua tesi, forse lo interesserà, - disse Sergio a Roberta.

- Non... non credo, è una cosa... noiosa, - mormorò lei, simulando un sorriso. - Si tratta... ecco... un
sistema di monitoraggio di un impianto industriale...


Il Marchi annuì. - Capisco, - disse, con un tono che non celava il suo scarso interesse. Questo imbarazzò un po' i genitori di Roberta. Lucia tentò di spezzare la tensione. - Lei comunque è davvero brava, - disse, - tutto il contrario di suo fratello. Lui, ecco, diciamo che non è molto attratto dai libri... - Fece una risatina, a cui Marchi rispose con un sorriso. - Probabilmente, il ragazzo ha altri interessi, - disse, guardando Roberta. Lei arrossì ancora. Non sapeva come il Marchi potesse essere a conoscenza di quello che stava accadendo fra lei e Alberto, ma era evidente che lo sapeva. Sentì che il Marchi aveva afferrato l'orlo inferiore del top, e lo stava
tirando, e capì che l'uomo voleva controllare anche i capezzoli. Tuttavia, non poteva farlo senza farsi vedere dai genitori di Roberta. Lei esitò, e poi si decise a essere, ancora una volta, remissiva. Si chinò in avanti,
appoggiando i pugni sul tavolo e il mento sopra di essi, nascondendo i propri seni alla vista dei genitori. - Allora... devi sapere che abbiamo trovato col signor Marchi un accordo molto buono, tesoro, - disse suo padre, sorridendo, ancora raggioso, ignaro del fatto che nello stesso momento l'uomo con cui aveva fatto un accordo stava tirando i capezzoli di sua figlia, saggiandone la durezza e lunghezza con calma. Quando ebbe finito di controllarli, diede una leggera pacca sulla parte inferiore dei seni della ragazza, segnalandole così che poteva rimettersi dritta.


Il Marchi restò in silenzio per qualche istante. - Davvero una bella famiglia, - disse infine, sorridendo. - Avete anche un cane, vero?


- Oh si, Bruto. - disse Lucia. - Ora e' nello studio... non fa altro che dormire...


Marchi annuì. - Bene, - disse quindi. - per me è quasi ora di lasciarvi. E' stata una serata piacevolissima. Posso accettare ora il bicchiere di vino di cui si parlava prima?


- Certo, - disse Lucia, sorridendo, - ogni promessa è debito. - Si alzò, dirigendosi in cucina. - E tu Sergio, se vuoi ancora farmi assaggiare uno dei tuoi sigari... - Anche Sergio annuì sorridendo. - Ma come no, - disse, alzandosi. Roberta arrossì, preoccupata del motivo per cui il Marchi stava chiaramente facendo in modo di restare solo con lei.

Non appena entrambi i genitori di Roberta si furono allontanati, il Marchi si avvicinò alla ragazza. - Adesso vai nello studio, e fai un pompino al vostro cane, - le disse. - Non mandare giù. Quando tornerai qui, senza
farti vedere dai tuoi, aprirai la bocca e mi farai vedere lo sperma di Bruto, dopodiché potrai deglutire.


- Cosa...? Io... non... non posso! - mormorò Roberta, tremando.


- Te lo sto ordinando, non te lo sto chiedendo - disse il Marchi, freddamente. - Ti ho dato un'impressione diversa?


Roberta non rispose, e si alzò, nello stesso momento in cui rientravano in salotto i suoi, col vino e il sigaro. - Devo fare una telefonata al mio ragazzo, - mormorò la ragazza, rivolta al Marchi, - torno a salutarla, comunque.


- Certo, vai, - disse il Marchi, con un ghigno, - e sii dolce con il tuo ragazzo.


Roberta raggiunse la porta del corridoio, e andò nello studio. Per qualche istante, cercò di immaginare con cosa poteva simulare lo sperma di Bruto; le venne in mente il sapone liquido, o altre lozioni, ma temeva troppo che il Marchi potesse accorgersi che aveva disobbedito. Non ebbe neppure il coraggio di rimuovere il grosso membro di cuoio dalla propria vagina, anche se era improbabile che il Marchi la "controllasse" di nuovo. Entrò nello studio. Bruto le venne incontro, scodinzolando.


Roberta si inginocchiò, e iniziò ad accarezzare la schiena e il muso dell'animale. Il disgusto che provava all'idea di ciò che era obbligata a fare era quasi paralizzante. Tuttavia, trovò la forza, gradualmente, di
prendere in mano il membro del cane. Delicatamente, controllando le reazioni della bestia e accarezzandolo e sussurandogli di star calmo, iniziò a masturbarlo. Aveva intenzione di rimandere il momento in cui l'avrebbe preso in bocca, ma non poteva correre il rischio che Bruto venisse sulla moquette, e che il suo seme andasse perduto, e sporcasse in giro. Non appena Roberta si rese conto che l'animale la lasciava fare, e anzi dimostrava di prenderci gusto, iniziando a dare spinte ritmiche nella sua mano, la ragazza si mise carponi e lo prese in bocca. Fortunatamente trovò subito una posizione adatta. Piangendo sommessamente, lasciò che il cane facesse il proprio comodo nella sua bocca, scopandola con rapidi movimenti di bacino... Lasciò che scopasse la sua bocca come se fosse stata la vagina di una cagna. La monta durò diversi minuti, durante i quali, di quando in quando, il membro di Bruto accennava ad ammosciarsi, e Roberta si trovava costretta a leccarlo e succhiarlo con maggiore dolcezza per recuperarne l'erezione. Mentre la prendeva, l'arnese del cane perdeva liquido in abbondanza, riempiendole la bocca di un sapore acre e rivoltante. Infine, le spinte si fecero velocissime, mentre il cane schizzava tutto il suo carico di sperma nella bocca della ragazza inginocchiata. Roberta provò la terribile sensazione di essere grata per quell'osceno dono. Per paura che le ultime gocce del disgustoso liquido macchiassero la moquette, la ragazza dovette succhiare e leccare con cura il membro del cane prima di ritrarre la bocca.


Non riuscendo quasi a credere di essere riuscita a portare a termine quell'ordine orribile, Roberta si rialzò da terra, lottando con lo stimolo di rigettare. Quindi, si diresse lentamente verso la sala, trattenendo lo sperma di Bruto sotto la lingua. La paura di affrontare i propri genitori, la paura che potessero accorgersi di qualcosa, la rendeva quasi incapace di pensare.


- Rieccoti, - disse Sergio, quando Roberta fece finalmente la sua comparsa in sala. La ragazza sorrise, annuendo. Tornò a sedersi, terrorizzata che i suoi potessero rivolgere la parola, e cercando di incontrare lo sguardo del Marchi. L'uomo, però, volontariamente evitò di guardarla per qualche minuto, sistemando con cura i documenti nella propria borsa di cuoio.

Infine, si volse verso Roberta. - Allora, tutto a posto con il tuo ragazzo? - le chiese, sorridendo. Roberta fece scivolare lo sperma di Bruto sulla lingua e aprì la bocca appena un po' piu' del normale, per mostrarne il contenuto al Marchi senza dar nulla da intendere ai suoi genitori. Sempre cercando di non farlo notare, deglutì un po' dello sperma prima di parlare, e poi rispose - si, tutto bene, grazie.


Il Marchi annuì, e si alzò. - Allora, a domattina, passerò di qui verso le nove, - disse, congedandosi dai genitori di Roberta con una vigorosa stretta di mano. - E tanti auguri per la tua tesi, - aggiunse il Marchi
rivolto a Roberta, con uno sguardo che la ragazza non riuscì a decifrare.

Sergio e Lucia lo ringraziarono ancora per l'accordo che avevano raggiunto, e lo accompagnarono alla porta.


Quando il Marchi fu uscito, Roberta stava avviandosi verso la propria camera, quando Sergio le disse: - non l'hai messo, il reggiseno. Roberta arrossì. - Io... non sono riuscita a trovarne... voglio dire, che andassero bene con questo top... e...

I genitori la guardavano, con aria di disapprovazione. Era evidente che non era facile, per loro, trovare le parole giuste. Infine fu il padre di Roberta a rompere il ghiaccio. - Dovresti proprio metterlo, quando sei... in
queste condizioni. Sai cosa voglio dire, vero? Roberta abbasso' il capo. - S... si, papà, - mormorò. - Scusa.... io non mi ero accorta... insomma...


L'uomo non replicò nulla. Roberta diede un bacio a sua madre e tornò in camera sua, bruciando per l'umiliazione. Si liberò del fallo di cuoio, nascondendolo sotto il letto, degli anelli di plastica e del nastro adesivo, e si mise in fretta la camicia da notte. Era sconvolta; quello che era successo quella sera era più umiliante di qualunque altra cosa le fosse accaduto in quei terribili mesi.


Cercò a lungo di addormentarsi, ma invano. La vagina le doleva per la dilatazione subita, ma c'era dell'altro. Disgustata di se' stessa, Roberta decise di dare sfogo a ciò che la tormentava. La sua mano scivolò sotto la
camicia da notte, dentro le mutandine. Iniziò a masturbarsi, a lungo, e la sua mente rivedeva lo sguardo gelido e severo del Marchi, il modo in cui le aveva tirato fuori i seni, il modo in cui l'aveva umiliata. Il dolore che provava ancora alla vagina, e la paura che aveva provato, fecero si' che ci volesse molto tempo per giungere a un orgasmo. Con le ginocchia sollevate, le cosce spalancate, due dita dentro di se', gli occhi chiusi, infine Roberta accolse l'onda di piacere, potente e degradante, con un lungo gemito soffocato.

giovedì 28 aprile 2011

Roberta ricattata p. 13 - La laurea di una schiava (1/3)

Roberta era nel laboratorio dell'Università, e stava completando il materiale per la discussione della tesi, il giorno dopo, davanti alla commissione. Il grande momento era arrivato. Benché la situazione si fosse molto complicata dall'iniziale ricatto di Lorenzo, Roberta aveva la sensazione che quell'evento l'avrebbe in parte liberata dalla trappola in cui si trovava.


Certo, se abbassava gli occhi e guardava com'era vestita, si rendeva conto che per il momento la realtà era tutt'altra. Lorenzo l'aveva voluta in calze e reggicalze, tacchi alti, e minigonna e top di velluto, tutto in nero. Il top, che costringeva le sue grosse mammelle e lasciava intravedere la forma dei capezzoli, era chiuso da una fila di bottoncini che, slacciati, consentivano un facile accesso al suo seno. Lorenzo se ne era servito meno di

un'ora fa, facendola inginocchiare e scopandole le tette a fondo, "premiandola" poi, come diceva lui, con una abbondante razione di sperma direttamente in gola.


Mentre Roberta ripensava con vergogna a quell'ultimo fatto, ricevette una mail inaspettata. Il suo relatore, il professor Pisani, la convocava con estrema urgenza nel suo ufficio. Roberta trasali', e controllo' che i propri abiti, gia' sufficientemente umilianti, non fossero sporchi di sperma. Era un controllo che ormai era diventata una routine, inevitabile... inevitabile quanto i continui abusi sessuali che subiva dai suoi ricattatori.


Nervosamente, mise lo zainetto in un cassetto della scrivania, chiuse il cassetto a chiave, e si avvio' verso l'ufficio del Pisani. Quando entro' nell'ufficio, la prima cosa che Roberta capi' era che il Pisani era decisamente irritato. Lo sguardo che l'uomo diede agli indumenti con cui Roberta si presentava da lui esprimeva il piu' totale disprezzo. Il Pisani la fece sedere sulla sedia di fronte alla sua scrivania.


- Dunque, Roberta, - disse, - ho ricevuto un messaggio dalla Commissione che non mi e' piaciuto per niente.

Roberta arrossi', senza osare replicare. Il Pisani fece un pausa; vedendo che Roberta non rispondeva, riprese. - Per motivi di regolamento disciplinare dell'Universita', si e' deciso che la tua discussione venga fatta in sede privata, anticipatamente, domani mattina.


Roberta guardo' Pisani fingendo di non capire, ma arrossendo ancora più violentemente.


- Regolamento... disciplinare? - mormorò.


- Sai per quale motivo sei accusata? - chiese il Pisani, freddamente. Era evidente che si aspettava che Roberta lo sapesse. La studentessa, tuttavia, non ebbe il coraggio di parlare. Fece cenno di no con il capo. - La tua condotta sessuale, - disse il professore. - Ci sono, a quanto pare, decine di foto e filmati che ti ritraggono mentre dai sfogo alle tue voglie con i tuoi colleghi. E stiamo parlando di cose avvenute negli edifici dell'Università. Un luogo pubblico.

Roberta scosse il capo, arrossendo di vergogna, ma non riuscì a dir nulla; gli occhi le si inumidirono di lacrime.

- Non provare neppure a negare, Roberta, - proseguì Pisani; - alcune di quelle foto le ho viste anche io.

Questa frase spezzò definitivamente lo spirito della ragazza. Il professore con cui si sarebbe laureata l'aveva vista in chissà quali pose oscene... qualsiasi speranza di avere il suo rispetto o la sua stima era persa. E con la commissione poteva succedere la stessa cosa. Dopo tutto quello che aveva fatto per completare i suoi studi... ora tutto le sfuggiva di mano.

- Capisco... - mormorò  appena, mentre le lacrime le rigavano le guance.

Il Pisani la guardò con calma. - Comunque, - disse, alzandosi dalla sedia, - se devo sporcare il mio nome portando alla laurea una troia, mi aspetto di ricevere un adeguato ringraziamento. Mi sono spiegato?
Trasalendo per quella frase inaspettata, Roberta alzò gli occhi al professore, che si stava slacciando i pantaloni. - C... certo professor Pisani, - mormorò.

Il Pisani era un uomo oltre la cinquantina, robusto, piacente. Roberta vide il suo membro per un solo istante, mentre lei le metteva una mano in testa e la spingeva a sé, mettendoglielo in bocca. Roberta fece per iniziare a servirlo con la bocca, ma lui la fermò. - Stai ferma, - le disse. - Penso che tu sia abbastanza esperta da saper prendere un cazzo in gola. Stai ferma con la bocca aperta e fatti scopare la gola.

Roberta  annuì, tremando, mentre il Pisani lo spingeva a fondo, penetrandole in gola. Come ormai aveva imparato a fare suo malgrado, si rilassò, cercando di ricacciare i colpi di tosse e i conati, mentre l'uomo la prendeva in quel modo umiliante. Lui continuò a spingere avanti e indietro col bacino per un periodo che a Roberta sembrò lunghissimo.

Roberta piangeva e tremava, ma lasciava che l'uomo la usasse. - Slacciati i bottoncini centrali del top, - le disse lui a un tratto. Roberta portò le mani al top, e slacciò sei bottoncini al centro, scoprendo parte dell'incavo fra i suoi seni. Il Pisani aspettò che avesse fatto, quindi lo sfilo' dalla bocca della ragazza. Guardò Roberta, che teneva il capo chino, e le sollevo' il mento. - Guardami, - le disse. Roberta alzò gli occhi lucidi

di pianto, incontrando lo sguardo del Pisani mentre l'uomo le faceva lentamente scivolare il membro fra i seni, infilandolo nell'apertura del top. L'indumento stringeva già i seni di Roberta, ma il Pisani li afferrò ugualmente, con una stretta brutale, premendoli sul suo membro. Quindi, guardando Roberta negli occhi, iniziò a scoparle
lentamente le grosse, morbide mammelle. - Risparmiami quelle stupide lacrime, - le disse, - altrimenti, se

proprio vuoi avere la faccia bagnata, ti ci sborro sopra e ti costringo a uscire dal mio ufficio così.


Roberta si asciugo' velocemente le lacrime. - Mi perdoni, professor Pisani, - mormorò. Il Pisani

continuò a prenderle i seni a fondo per diversi minuti, finche' non fu prossimo a venire. Quindi, spostò il proprio membro dall'incavo fra i seni della studentessa, infilandolo fra il top e la mammella sinistra. Il glande era a contatto con il capezzolo della ragazza. Il Pisani strizzò con violenza i seni di Roberta fra le dita mentre schizzava una prima dose di sperma. La ragazza percepì il calore del seme dell'uomo su tutto il
capezzolo. Pisani spostò il membro, massaggiandoselo mentre lo direzionava sul capezzolo
destro, appena in tempo per il secondo schizzo. Il top di Roberta, che prima lei, controllando, aveva trovato

pulito, ora era imbrattato da due grosse macchie scure sui seni. Il Pisani lo sfilò e lo mise di nuovo in bocca alla ragazza. Questa volta, la lasciò fare, dandole il tempo di pulirlo accuratamente con la lingua, leccandolo più volte tutto attorno.


Quando il professore fu soddisfatto, lo sfilò dalla bocca di Roberta e tornò a sedersi sulla sua poltrona.


Roberta attese nuovi ordini, seduta in silenzio, con il top slacciato e bagnato. - Ora voglio vedere la tua fica, - disse il Pisani, battendo con due dita sulla superficie della sua scrivania. - Seduta a cosce aperte. E non smettere di guardarmi.

Roberta si alzò, con le gambe che le tremavano. Timidamente, avanzo' verso il professore, guardandolo, sforzandosi di non piangere. Si sedette sulla scrivania del Pisani, sollevando la gonna fino sui fianchi e mostrando il suo pube depilato e l'orlo delle calze. Senza farselo ripetere, allargo' le cosce mostrando la
propria vagina aperta al professore. Lui abbasso' lo sguardo sul sesso di Roberta, quindi torno' a

guardarla negli occhi. - Avvicinala, ho voglia di leccarla, - le disse. Roberta scivolo' con le natiche nude in avanti sulla superficie della scrivania, sedendosi in modo che la sua vagina sporgesse oltre il bordo. Il Pisani avvicino' ancora un po' Roberta afferrandola per le cosce, e poi, inizio' a toccarla. Prima le tasto' lentamente la fessura, massaggiandola col palmo della mano. Poi le prese le grandi labbra, una a una, tirandole verso l'esterno e lasciandole andare, come se stesse giocherellando. Le afferro' entrambe, tenendole con pollici e indici, e le allargo', tirando con forza verso l'esterno. Attese il primo gemito di dolore di Roberta, e poi diede uno strattone piu' forte a entrambe.

Alzando gli occhi alla ragazza, le disse freddamente: - E' diventata una grossa fica da vacca, a forza di prendere cazzi. Hai un buco enorme, non trovi puttana? - - Si, signore - mormoro' lei. Il Pisani tiro' piu' forte, avvicinandosi e dando una lunga leccata in profondita' alla vagina di Roberta. - Non invidio il tuo fidanzato... ormai dubito che tu senta qualcosa quando ti scopa - continuo' il Pisani, fissando Roberta negli occhi. - Scommetto che e' cosi' grossa che potresti infilarci tutta la mano. Sdraiati.

Roberta, appoggiando dapprima i gomiti, si distese poi con la schiena sulla superficie della scrivania. Il Pisani accosto' nuovamente la bocca alla vagina aperta della ragazza, riprendendo a leccarla a fondo, spingendo con la lingua sulle grandi e piccole labbra. Quindi si alzo' dalla sedia, e, guardando Roberta che attendeva ordini a
cosce spalancate, libero' il lato destro della scrivania. Quindi, le indico' la superficie che aveva liberato.

Roberta si sposto' verso il bordo destro della scrivania, sempre guardando il Pisani. L'uomo le prese la mano e se la appoggio' sul membro gia' nuovamente eretto. Quindi, infilo' due dita della mano sinistra nella vagina di Roberta, e due dita della mano destra gliele mise in bocca. - Nella seduta di domani mattina, la commissione ha organizzato una punizione esemplare per te, - le disse, iniziando a fotterle bocca e vagina con le dita, mentre Roberta, senza farselo ordinare, gli massaggiava dolcemente il membro con la mano. - Ma non

ti nascondo che non si tratta qualcosa di esattamente nei limiti del regolamento. Sei libera di rifiutare di parteciparvi, ovviamente, ma questo non ti portera' certamente grandi benefici. E' chiaro?


Roberta annui'. - Non ho sentito, troia, - disse Pisani, spingendo le dita piu' a fondo. - Si' signore - mormoro' lei, con voce soffocata. - Bene. Non sono autorizzato a rivelarti molto, tranne che la commissione ha persino scelto cosa indosserai: un'uniforme da scolaretta. - Il Pisani sorrise. - Tuttavia, quale tuo relatore, ho il
diritto ad apportare alcune modifiche. - L'uomo sfilo' la mano dalla vagina di Roberta, e le prese l'orlo di una

delle calze. - Queste restano, - disse. - E anche le scarpe coi tacchi. L'uomo ritrasse entrambe le mani e si sposto' vicino alla testa di Roberta, mettendoglielo nuovamente in bocca. La ragazza lo accolse dolcemente. Quindi, il Pisani lo sfilo' e giro' intorno alla scrivania, posizionandosi davanti alla vagina aperta della
studentessa. - Togliti le scarpe, - le disse. Roberta piego' le gambe all'indietro, una a
una, per raggiungere le proprie scarpe con le mani e sfilarle, lasciandole cadere a terra. Il

professore le mise le mani sulle cosce, e le fece poi scivolare giu' lungo le belle gambe

ben tornite della ragazza, fino alle caviglie. - Mi hanno sempre arrapato i tuoi piedini, - le disse. - Ora posso finalmente togliermi la soddisfazione di scoparli.


Tenendola per le caviglie, porto' i piedi di Roberta a contatto con il suo membro, mantenendolo sempre orientato verso la vagina aperta della ragazza. Stringendo i piedi di lei, inizio' a farlo scivolare fra le piante dei piedi di Roberta. - Senti come me lo fai diventare duro? - disse lui, fissandola. - Si, signore, - mormoro' la
ragazza. Mentre si masturbava fra i piedi di Roberta, Pisani inizio' ad avvicinare il bacino al ventre di lei,

costringendola a piegare le ginocchia e aprirsi ancora di piu'. L'uomo continuo' a godersi la ragazza in quel modo a lungo. Quando fu prossimo all'orgasmo, le afferro' entrambi i piedi con una mano, usando l'altra per aprirle le labbra della vagina.

Quindi, si abbandono' al piacere, iniziando a schizzare direttamente nel sesso aperto della studentessa. I primi

due grossi schizzi coprirono la fessura della ragazza di un denso strato di seme. Quindi, l'uomo deposito' due nuovi schizzi sulle piante dei piedi di lei, trattenendole attorno a contatto con il proprio glande. Quando si fu completamente scaricato, il Pisani sollevo' le gambe della ragazza verso l'alto, appoggiandosi i polpacci di lei sulle spalle, e si asciugo' il membro strofinandolo prima fra le natiche morbide e accoglienti della studentessa, e poi sulle sue cosce, insozzandole ulteriormente le calze. Ripulitosi in quel modo, l'uomo si riallaccio' i

pantaloni e torno' a sedersi.

- Scendi dalla scrivania, - le disse. Roberta obbedi'. Istintivamente, porto' una mano alla propria vagina per trattenere il seme che le colava giu' per le cosce. Senza neppure guardarla, il Pisani le disse, - togli la mano da li', porca.


Roberta obbedi', restando in piedi di fianco alla scrivania. - Posso... andare? - mormoro'.


Il professore rimase in silenzio per qualche secondo. - Perche'? - chiese poi. - Posso tenerti qui per tutto il pomeriggio. Potrei avere voglia di sborrarti di nuovo addosso. Mettiti li' nell'angolo, in ginocchio. - Prese le scarpe di Roberta da terra, e gliele butto' nell'angolo dell'ufficio in cui le aveva detto di mettersi. - Rimettile, - disse.


Roberta annui' in silenzio, indossando le scarpe sui piedi ancora sporchi di sperma. In silenzio, si inginocchio' nell'angolo, rivolta verso il professore, divaricando leggermente le cosce. L'uomo le diede uno sguardo. Le guance di Roberta erano nuovamente rigate di lacrime. - Ti ho gia' detto cosa ti succedera' se continui a piangere. Invece di fare i capricci, tira fuori le tette, e masturbati mentre io finisco di sbrigare la posta. In

silenzio, fica e ano.


- Si, signore, - mormoro' Roberta, arrossendo. Si sollevo' il top, scoprendo del tutto i grossi seni. Quindi, porto' le mani fra le cosce, la destra alla vagina e la sinistra all'ano, iniziando a toccarsi. Il Pisani abbasso' lo sguardo al monitor del proprio computer e inizio' a sbrigare le sue cose, senza degnarla d'uno sguardo. Roberta lo guardava, in docile attesa di ordini, le dita che fottevano lentamente i suoi buchi.

Sentiva l'odore dello sperma di Pisani, che le insozzava le dita e le colava lentamente lungo l'interno

delle cosce. Per oltre un'ora, resto' in quella posizione umiliante, continuando a masturbarsi, senza osare raggiungere un orgasmo. Quando il professore ebbe finito quello che stava facendo, sollevo' gli occhi alla ragazza, appoggiandosi comodamente allo schienale della sedia.


- Alcune delle foto che sono finite in mano alla commissione ti ritraggono mentre ti fai torturare i seni, - le disse. - Cosa ti piacerebbe che facessi alle tue tette?


Roberta esito', senza smettere di toccarsi. - Tutto quello che vuole, professore, - mormoro'.


- Avanti, suggerisci, - fece lui, guardandola con occhi gelidi.


Roberta lo guardo', tremando. - Potrebbe... legarmele... - mormoro'. - E frustarmele con la cinghia...


Il Pisani scosse il capo. - Fatti venire in mente qualcosa di piu' eccitante. Non vuoi essere la tettona obbediente del tuo professore?


- S... si signore, - mormoro' lei. - Ma... io non so...


- Non mi fare arrabbiare, Roberta, per il tuo bene.


Roberta arrossi'. L'uomo continuava a fissarla, mentre lei, suo malgrado, si masturbava la vagina e l'ano. - Allora? - insistette lui, con severita'. - Po... potrebbe... - mormoro' Roberta, - potrebbe... calpestarmele... - mormoro'. L'uomo la guardo' con calma. - Come sarebbe?


- Se... se mi sdraio per terra... bocconi... - mormoro' lei, arrossendo, - posso... farle sporgere... ai lati... in modo che lei possa... schiacciarle con i piedi... - Mentre suo malgrado proponeva quella tortura al suo aguzzino, la ragazza tremava visibilmente.


- Interessante, - disse infine il Pisani, appoggiandole il membro alla bocca, e strusciandole il glande sulle labbra. - E' questo che vuoi? Ti ecciterebbe farti calpestare le poppe?


Roberta lo guardo' sottomessa. - S... si, signore, - menti'.


- Bocconi non mi piace, pero', - disse lui, - non potrei guardarti negli occhi. Inoltre non ho voglia di alzarmi. Striscia fin qui e vieni sotto la scrivania. Roberta si sposto', in ginocchio, fino alla scrivania del Pisani. La scrivania poggiava su due larghe assi laterali, che erano unite da un sostegno centrale anch'esso di legno,
all'interno del quale correvano le canaline dei fili elettrici. La posizione del sostegno era tale
che chi era seduto alla scrivania avrebbe potuto appoggiarci i piedi. Il Pisani guardo' la ragazza

inginocchiata ai suoi piedi. - Puoi appoggiarle li' sopra, - le disse, indicandole il sostegno.

Roberta annui', obbediente, e appoggio' i grossi seni nudi sul sostegno. Il Pisani si appoggio' piu' comodamente con la schiena alla sedia, e appoggio' i piedi sui seni della ragazza. - E ora, - disse, iniziando a premere sulla carne di lei, - facciamo due chiacchiere. Ci sono alcune cose che non so di te. Quanti anni hai?


- Ventitre, professore, - mormoro' Roberta, socchiudendo gli occhi per il dolore, mentre lui le schiacciava i seni sempre piu' forte, aumentando lentamente la pressione.

- Sei fidanzata?

- Lo... ero... professore... sono successe alcune cose... non so se siamo ancora insieme...


- Ma tu sei innamorata di lui?


- Si, professore... - mormoro' ancora Roberta, con le lacrime agli occhi.


- Me lo stai facendo diventare di nuovo duro, - le disse quindi, simulando un tono di rimprovero. - Saro' costretto a fartelo prendere ancora, lo sai.

- Si, professore...


L'uomo sposto' i piedi. - Appoggia solo i capezzoli, ora, - le disse. Roberta obbedi', spostando indietro il busto e i seni, e sistemandosi in modo che solo le estremita' dei seni e i capezzoli poggiassero sul sostegno. Pisani attese che lei si fosse sistemata, e sollevo' di nuovo i piedi, schiacciandole questa volta i capezzoli. - Tiramelo fuori e masturbami, - le ordino'. Roberta allungo' le mani, slacciando i pantaloni del professore, socchiudendo gli occhi per il dolore mentre lui di nuovo aumentava lentamente la pressione delle suole sui suoi delicati capezzoli. Quando l'ebbe tirato fuori, inizio' a massaggiarlo lentamente.


- Ora avvicina la bocca piu' che puoi, e fai una bella "O" con le labbra.


Roberta si chino' in avanti, gemendo di dolore, i seni inchiodati al sostegno dalla crudele pressione delle suole del Pisani. Atteggio' le labbra nell'umiliante espressione che il professore le aveva chiesto, l'espressione di una bambola gonfiabile.


- Voglio che mi masturbi, ma tienilo orientato in modo che i miei schizzi centrino quella boccuccia da troia.


- Si... professore... - mormoro' lei, senza muovere le labbra. Inizio' a far scorrere la mano sul membro eretto dell'uomo.


- Non ti permettero' di pulirti, quindi e' nel tuo interesse che tu riesca a centrarti la bocca.


Roberta annui', avvicinandosi ancora e prendendo a masturbare freneticamente l'uomo. Il Pisani la guardava e strusciava i piedi sul sostegno, tormentando i capezzoli della ragazza in quel modo sadico. Lei lo prese con due mani, massaggiandolo vigorosamente, il volto proteso verso quel membro turgido, la bocca aperta e pronta a ricevere lo sperma del professore. Un paio di volte, l'uomo le prese il capo, allentando la
pressione sui seni, tirandola verso di se' e infilando il glande nella "O" formata dalle labbra di Roberta, per

poi schiacciare con piu' forza i seni di lei, costringendola a ritrarsi.

Infine, venne per la terza volta. I primi due schizzi, meno abbondanti dei precedenti, finirono direttamente

nella bocca di Roberta. Solo il terzo, piu' debole, la colpi' sul mento. Lui le sorrise, e sposto' i piedi per darle liberta' di movimento. La ragazza si chino' in avanti, con i seni arrossati e dolenti, e gli ripuli' il membro con cura con la bocca. Quando ebbe finito, il Pisani si riallaccio' i pantaloni.


- Puoi rivestirti e andartene, adesso, - le disse. - Ci vediamo domani mattina. Passerai dal mio ufficio alle otto e trenta per indossare gli abiti che la commissione ha scelto per te, ma ricordati di farti trovare con calze e tacchi alti.


- Si, professore, - mormoro' ancora lei. Nonostante il dolore e l'umiliazione che l'uomo le aveva procurato, si constrinse a ringraziarlo. In preda all'imbarazzo e alla vergogna, si rivesti' in fretta. Aveva i vestiti, le calze, il viso e le mani sporche di sperma, ma sapeva che non le sarebbe stato concesso di pulirsi.


Mentre usciva dall'ufficio, scoppio' ancora una volta in lacrime...

venerdì 18 marzo 2011

mercoledì 16 marzo 2011

Roberta ricattata p. 12 - Le sevizie di Alberto

Ripartito Luca per il militare, Roberta si ritrovo' ancora sola con la

sua vita di studentessa e di schiava. Non sapeva come Luca avrebbe
reagito a cio' che era accaduto, ma non aveva il coraggio di
telefonargli, e lui non si fece sentire. Roberta decise di
concentrarsi sulla sua tesi, mentre aspettava di vedere come si
sarebbero evoluti gli eventi.

Quando Roberta non andava in universita', il fratello Alberto faceva
di lei quello che voleva. Cinque giorni dopo l'incontro con i
poliziotti, Alberto si sveglio' prima di lei. Roberta dormiva ancora.
Lui le si avvicino' nella penombra, e le tiro' giu' le coperte,
scoprendo il corpo nudo della sorella. Da diverse settimane, a Roberta
non era concesso indossare nulla la notte. Alberto si abbasso' i
calzoni del pigiama e i boxer. Roberta dormiva inclinata su un fianco,
e Alberto inizio' a strofinarle il membro semi-eretto e lo scroto sul
volto, palpandole al contempo i seni nudi e la vagina, delicatamente,
per non svegliarla subito. Le strofino' il membro sulle guance, e
sulle labbra, leggermente dischiuse, spingendo il glande fra di esse.
Quando Roberta si sveglio', aveva il membro di Alberto in bocca e due
dita di lui nella vagina.

- Succhia, - le ordino' Alberto appena lei apri' gli occhi. Roberta lo
guardo', per qualche secondo, ancora intontita dal sonno, e poi chiuse
le labbra attorno al membro di suo fratello, iniziando a succhiarlo
delicatamente e accarezzarlo con la lingua, mentre lui continuava a
penetrarla con le dita. Alberto teneva la sorella in un regime di
completa sottomissione, e nei giorni precedenti non aveva esitato a
frustarla severamente con la cinghia ogni volta che il comportamento
di Roberta non aveva corrisposto alle sue aspettative. Alberto lascio'
che la sorella glielo succhiasse per qualche minuto, quindi sfilo' le
dita e si ritrasse dalla bocca di lei.

- Vestiti da serva, apri tende e finestre, e vieni a prepararmi la
colazione.

Roberta si alzo' da letto, obbediente. Il "vestito da serva" a cui
Alberto si riferiva era composto unicamente da un paio di scarpe nere,
i tacchi piu' alti che aveva, e un grembiule bianco, allacciato dietro
la schiena, che le lasciava scoperti le natiche e i seni. Alberto
aveva fatto di quei due pezzi la divisa di Roberta. Indossati quegli
abiti, Roberta apri' le tende e le finestre. Vivevano in un
appartamento, e Roberta sapeva che, da alcune finestre del palazzo di
fronte, potevano vederla. Questo la metteva in imbarazzo, ma ogni
volta che aveva tentato di discuterne con Alberto ne aveva ricavato
solo una sonora sculacciata.

Aperte le finestre, Roberta si diresse in cucina, dove il fratello la
stava aspettando. Si era tolto il pigiama, e indossava solo una giacca
da camera. Roberta fece il caffe' e apparecchio' la tavola per lui,
sistemandogli di fronte una tazza da caffelatte, una scatola di
biscotti, una zuccheriera con dosatore e un portatovaglioli. Torno'
quindi ai fornelli per attendere che il caffe' venisse su. Alberto,
mentre aspettava, prese un grosso cucchiaio di legno dalla credenza e
inizio' a giocherellarci, usandolo due volte per colpire le natiche
nude della sorella, dopodiche' si ando' a sedere a tavola.

Quando il caffe' fu pronto, Roberta verso' il caffelatte nella tazza
di Alberto, aggiungendo due dosi di zucchero con il dosatore. - Sali
in piedi sul tavolo, - le disse quindi Alberto. Quest'ordine non
faceva parte della solita routine. Roberta sali' sul tavolo, rivolta
verso Alberto. Il ragazzo la guardo'; da quella posizione, vedeva bene
la fessura pelosa della sorella. - Girati di spalle e accucciati
lentamente.

Roberta, tremando, obbedi'. Non sapeva cosa il fratello avesse in
mente, e questo la spaventava. Alberto aspetto' che la ragazza si
fosse accucciata al punto di rendere le sue natiche accessibili.
Quindi, Roberta senti' che il fratello le divaricava le natiche con le
mani, e subito dopo avverti' il contatto del manico del cucchiaio di
legno contro il suo ano. Rabbrividi', ma rimase in silenzio, gemendo
appena mentre Alberto spingeva il cucchiaio dentro di lei. Quella
sevizia la terrorizzava; sentiva il manico lungo e duro del cucchiaio
che entrava nel suo retto, ma non osava dir nulla, per paura di
peggiorare le cose. Alberto spinse tre quarti del lungo cucchiaio di
legno dentro l'ano della sorella.

- Ora mescolami il caffelatte, - le ordino'. Roberta trattenne le
lacrime a stento. Benche' fosse ormai abituata alle umiliazioni
quotidiane che Alberto le riservava, non era mai stata costretta a far
nulla di cosi' osceno. Il cuore le batteva forte. - Stai bene attenta
a non rovesciarlo, - la minaccio' lui.

Roberta sollevo' delicatamente le natiche, spostandosi con difficolta'
in posizione. Ci vollero due tentativi prima che, abbassandosi,
riuscisse a immergere il cucchiaio nel caffelatte di Alberto. Quindi,
inizio' a ruotare i fianchi, cercando di controllare i movimenti del
cucchiaio. I tacchi alti contribuivano a renderle difficile mantenere
l'equilibrio. - Non stai mescolando bene, - disse Alberto. - Devi
muoverti piu' velocemente. Non dirmi che ti vergogni, niente e' troppo
sporco per una tettona mangiamerda come te.
con piu' decisione. Alberto sorrideva, guardando le grosse natiche
rotonde di Roberta che si muovevano di fronte a lei, rese ancora piu'
oscenamente invitanti dall'oggetto di legno che fuoriusciva dall'ano
della ragazza. Lascio' che Roberta mescolasse il suo caffelatte in
quel modo sconcio per diversi minuti, per assaporare l'umiliazione
della ragazza, quindi la interruppe. - Scendi dal tavolo. Sai cosa
devi fare. E lascia il cucchiaio al suo posto.

Roberta sollevo' le natiche, rimuovendo il cucchiaio dalla tazza, e
scese dal tavolo. Quindi, si mise carponi e striscio' sotto il tavolo.
Senza usare le mani, cerco' il membro di Alberto con la bocca,
scostando i lembi della giacca da camera del ragazzo. Trovarlo non fu
difficile. Il disgustoso spettacolo che Roberta gli aveva appena dato
gliel'aveva fatto diventare ben duro. Roberta lo prese tutto in bocca,
e inizio' a muovere la testa avanti e indietro per servirlo come era
abituata a fare quando Alberto sedeva a tavola.

Alberto fece colazione con calma, godendosi il piacere che la bocca di
Roberta gli procurava ma, a parte questo, ignorandola. Era evidente
che lo eccitava molto trattare la sorella come se fosse un animale
domestico o un giocattolo sessuale. Roberta subiva questo trattamento,
dicendosi di non avere alternative, ma in effetti questa continua
umiliazione le procurava, suo malgrado, una continua eccitazione. La
paura delle punizioni che Alberto aveva dimostrato di saperle
infliggere non faceva che aumentare questa umiliante eccitazione.

Quando Alberto ebbe finito la colazione, sposto' la sedia indietro. -
Mostrami il culo, - ordino' a Roberta. Senza alzarsi da terra, Roberta
giro' su se stessa, appoggiando poi il viso al pavimento e sollevando
piu' che poteva le natiche. Alberto le prese a piene mani, palpandole
vigorosamente e stringendole attorno al cucchiaio. Quindi, afferro'
l'oggetto e lo sfilo' dall'ano della ragazza. - Dammi la bocca ora, -
le disse. Nuovamente, Roberta giro' su se stessa, tornando a volgersi
verso il fratello seduto. Alberto rivolse il manico del cucchiaio
verso il viso della ragazza. - Sporgi in fuori quei labbroni da
succhiacazzi, e prendilo tutto in bocca, - le ordino'.

Roberta obbedi', tenendo le mani per terra e prendendo il manico del
cucchiaio in bocca, mentre sporgeva in fuori le labbra come chi fa il
gesto di mandare un gran bacio, ma tenendole ovviamente serrate
attorno al manico di legno. Nonostante a Roberta fosse ordinato di
tenere i suoi buchi ben puliti, l'oggetto non poteva che essere un po'
sporco. Alberto inizio' a muoverlo lentamente verso l'interno e verso
l'esterno, usandolo per fottere la bocca della sorella.

- Lecca e succhia bene, - le ordino', - ti conviene che sia bello
pulito, quando lo tirero' fuori da quella bocca.

Roberta annui'. Suo malgrado, inizio' a succhiarlo piu' intensamente,
leccandolo con cura. Alberto continuava a muoverlo dentro e fuori,
fissando la sorella che, come era stata abituata a fare, lo guardava a
sua volta negli occhi. - Ti piace il sapore della tua merda, vero? -
le chiese lui. Roberta annui' debolmente. Alberto le sorrise, e sfilo'
il cucchiaio, controllando che fosse pulito come richiesto. - Hai
leccato bene, - disse a Roberta, - per ora le tue chiappone hanno
evitato la cinghia.

Alberto si accese una sigaretta. - Ora vai in bagno a lavarti la
bocca. Io ti raggiungero' fra poco, vengo a fare una doccia.

Roberta fece per alzarsi, ma Alberto la fermo'. - A quattro zampe, -
le disse, - non ti ho autorizzato ad alzarti in piedi. - Roberta
mormoro' - scusami, - e torno' carponi, allontandosi lentamente.
Roberta sapeva che gli occhi del fratello erano fissi sulla sua vagina
e le sue natiche. - Sculetta, cagna, - le disse lui. Roberta chiuse
gli occhi per ricacciare le lacrime, e inizio' a muovere i fianchi
mentre usciva, strisciando carponi, dalla cucina.

Quando fu nel bagno, Roberta si rese conto che non poteva lavarsi i
denti nel lavandino senza alzarsi in piedi. Timorosa della reazione
che Alberto avrebbe avuto, se fosse entrato in bagno e l'avesse
trovata in piedi, prese lo spazzolino e il dentifricio e si ridusse a
lavarsi i denti nel bidet. Per qualche motivo, questo gesto le
strappo' nuove lacrime. Si rendeva conto di aver perso ogni diritto a
una vita normale, umana. Piangendo, si sciacquo' abbondantemente la
bocca, finche' non ebbe completamente cancellato il sapore che Alberto
l'aveva costretta ad assaggiare.

L'arrivo di Alberto la distrasse dai suoi disperati pensieri. Il
ragazzo la guardo' con un'occhiata sprezzante, e si sfilo' la giacca
da camera, gettandola per terra e rivelando la sua notevole erezione.
Roberta conosceva bene, ormai, il membro del fratello, e non riusciva
a non sentirsi in soggezione di fronte alla sua vigorosa mascolinita'.
Alberto entro' nella doccia e apri' l'acqua, senza chiudere l'antina
scorrevole del box.

- Vieni a insaponarmi l'uccello, puttana, - disse alla sorella,
passandosi le mani nei capelli per sciacquarli. Roberta si sposto'
carponi fino a entrare per meta' nella doccia, fermandosi di fronte al
corpo nudo di Alberto. Raccolse una saponetta che Alberto aveva
lasciato cadere sul pavimento della doccia, e si insapono' le mani,
iniziando poi a massaggiare il grosso membro del fratello con
entrambe. Mentre Alberto si lavava i capelli e il resto del corpo,
Roberta gli massaggiava delicatamente il membro e lo scroto. Quando
Alberto ebbe finito di lavarsi, Roberta smise di insaponarlo per
lasciare che si sciacquasse. Terminata anche questa operazione,
Alberto chiuse l'acqua, e Roberta si tiro' rapidamente indietro per
fargli spazio. Alberto usci' dalla doccia, e si mise l'accappatoio. -
Guardami l'uccello e sgrillettati, - le disse, mentre iniziava ad
asciugarsi. Aveva l'accappatoio slacciato, e la sua erezione era ben
in vista. Inginocchiata di fronte a lui, Roberta inizio' suo malgrado
ad accarezzarsi il clitoride, tenendo gli occhi fissi sul membro di
Alberto. Lui si asciugo' con calma, ignorandola completamente.

Quando Alberto fu asciutto, torno' a guardare Roberta. La ragazza, con
gli occhi ancora fissi sul membro di Alberto, attendeva con
apprensione i prossimi ordini. In genere, al termine della doccia,
Alberto la portava in camera e la scopava brutalmente. Quel giorno,
tuttavia, Roberta aveva la sensazione che le sarebbe capitato qualcosa
di ancora peggiore... peggiore di essere violentata da suo fratello e
riceverne lo sperma.

- Vai nella doccia, - le ordino' lui. Roberta alzo' lo sguardo,
incerta, me obbedi', entrando nella doccia, restando in ginocchio. -
Ora mettiti accucciata, rivolta verso di me. - Roberta si volse verso
Alberto, e si alzo' da inginocchiata, per accucciarsi come le era
stato ordinato. - A gambe larghe, cagna, - la rimprovero' Alberto.
Roberta mormoro' ancora - scusami, - e divarico' le gambe.

Alberto la guardo' con un sorriso particolarmente lussurioso. - Ora
piscia, - le disse semplicemente. Roberta impallidi'. Non si trattava
di qualcosa di piu' umiliante di quello che aveva subito poco prima,
ma non aveva mai orinato di fronte ad Alberto, e la cosa le pareva
ripugnante. - Per favore, - singhiozzo', - abbi pieta'... questo...
no...

Alberto scosse il capo. - Ti ho detto di pisciare. - Il tono della sua
voce non ammetteva repliche. Roberta chiuse gli occhi. Lui sorrise. -
No, - le disse, - guardami.

Roberta apri' gli occhi nuovamente, guardando Alberto. Il suo volto
era rosso di vergogna. Quindi, inizio' a orinare sul fondo della
doccia. Al primo getto, lo scroscio le fece percepire piu'
intensamente la vergogna, e si interruppe un istante. Non aveva
scelta. Riprese a orinare. Pur non potendo guardare in basso,
immaginava la pozza di urina che si allargava sul fondo della doccia,
bagnando le suole e i tacchi delle sue eleganti scarpe. Alberto piego'
il capo per guardare meglio fra le cosce della sorella. Roberta non
poteva fare a meno di pensare allo spettacolo degradante che stava
dando, con la vagina aperta, i grossi seni nudi, e quel getto
d'urina... non era altro che la cagnetta di suo fratello.

Alberto lascio' che il getto terminasse, e torno' a guardare gli occhi
di lei, quasi febbricitanti di umiliazione. Mosse un passo avanti, e
mise il membro, ancora una volta, in bocca a quella bella ragazza a
sua totale disposizione. Trattenendola per la nuca, si assicuro' che
il proprio glande le scivolasse nella gola, e la prese in quel modo
per un po'. Quindi, si allontano' nuovamente, tornando a squadrare il
bel corpo nudo di Roberta. La ragazza era ancora accucciata, tremante,
piangeva, e attendeva impaurita la prossima umiliazione.

- Che ne diresti se ti ordinassi di cagare, ora? - disse Alberto. -
Cagare nella doccia e poi spalmarti la merda sulla fica, tutto da
sola. Sono certo che ti ecciterebbe da morire.

Roberta spalanco' gli occhi, scuotendo il capo, in un gesto di
disperata implorazione. Alberto sorrise, e apri' un mobiletto in cui
la loro madre teneva le mollette da bucato. Fissando Roberta, ancora
accucciata in attesa, le applico' due mollette ai capezzoli. Quindi
aggiunse un po' di mollette ai seni della sorella, disponendole in
cerchio attorno al capezzolo. I morsi delle mollette erano dolorosi,
ma Roberta aveva troppa paura di quello di cui Alberto l'aveva
minacciata per disturbarlo con gemiti di dolore. A ogni nuova
molletta, mormoro' - grazie.

Quando Alberto le ebbe sistemato i seni con una decina di mollette,
allungo' la mano, appoggiando due dita sulle labbra della ragazza, e
costringendola a prenderle in bocca. Senza neppure che le fosse
ordinato, Roberta inizio' a succhiare le dita che il fratello le aveva
messo in bocca, docilmente, guardandolo ancora con occhi imploranti.
Alberto la lascio' fare. - Caga, - le disse poi, seccamente. Gli occhi
di Roberta si riempirono di lacrime, come se avesse ricevuto una
frustata. Lo sguardo gelido di Alberto non lasciava dubbi sul fatto
che il ragazzo stesse parlando seriamente, ma Roberta non riusciva a
convincere il proprio corpo e la propria mente a collaborare.

- Se disobbedisci, le tue tette riceveranno una punizione che lascera'
qualche segno. Dovremmo essere avanzata una mensola dalla libreria
nuova, e i chiodi li abbiamo. Se preferisci, posso inchiodarti le
tette alla mensola. Potresti usarla come vassoio per portarmi da bere.

Roberta rabbrividi'. Alberto la accarezzo' con la mano libera,
asciugandole le lacrime. - Lo faro' davvero, puttana, se non cominci
immediatamente a fare quello che ti ho detto.

Quelle parole impedirono a Roberta di esitare oltre. Dai suoi occhi
scendeva un vero fiume di lacrime. Inizio' a defecare nella doccia.
Alberto sorrise, storcendo il naso per l'odore, per umiliarla
ulteriormente. - Ancora, - le disse.

Roberta continuo'. Sentiva, vicino ai piedi, il calore proveniente
dalle sue feci, e percepiva il loro odore. Alberto questa volta non si
limitava a guardare il gesto in se'; era altrettanto piacevole, per
lui, guardare il bel volto della sorella, distrutto dall'umiliazione.
Quando Roberta non fu piu' in grado di defecare, scosse il capo,
dicendo qualcosa che venne reso inintelleggibile dalle due dita che
Alberto le teneva ancora in bocca. - L'hai fatta tutta, cagnetta? - le
disse. Roberta annui' fra le lacrime.

- Sai cosa devi fare, ora, no? - le disse lui, sfilandole le dita di
bocca per fare un passo indietro, e guardarla da una prospettiva
migliore. - Strofinati la merda sulla fica.

Roberta si ricordo' di quando il Marchi le aveva detto che prima o poi
sarebbe stata costretta a riempirsi la vagina di feci. Roberta aveva
sempre sperato che nessuno dei suoi ricattatori sarebbe arrivato a
qualcosa di cosi' rivoltante, ma comunque non si sarebbe mai aspettata
che a darle un ordine simile fosse suo fratello. Allungo' le mani
tremanti, cercando di ricacciare l'impulso a vomitare. Prese una
manciata di feci, e le porto' lentamente alla sua vagina aperta.
Quindi, inizio' a strofinarle su di essa. Alberto la guardava, e il
suo membro era cosi' eretto che spuntava quasi completamente
dall'accappatoio. - Spingila anche dentro, - le ordino'. Roberta fece
cenno di si' col capo. Con due dita, spinse parte di quella immondizia
dentro di se'. Sentire il calore delle sue feci nella vagina e sul
clitoride le provoco' una ignobile sensazione di piacere, e questo le
fece versare nuove lacrime.

Alberto si avvicino', e le stacco' una molletta dal seno sinistro,
tirandola con un gesto brusco che le strappo' un acuto gemito di
dolore. - Prendine ancora, - le disse. Roberta allungo' una mano e
prese una nuova manciata di escrementi, mentre lui le staccava altre
due mollette, una per ciascuna mammella. Di nuovo Roberta comincio' a
strofinarsi gli escrementi sulla vagina. Quel gesto fece si' che gli
escrementi che si era infilata dentro venissero spinti piu' in
profondita'. Alberto continuava a staccarle le mollette una a una,
finche' restarono solo quelle fissate ai capezzoli della ragazza.

Quindi, Alberto prese uno stick di deodorante dalla toilette. Lo porse
a Roberta. - Usa questo per spingere tutto bene a fondo, - le ordino'.
Roberta prese lo stick, stando ben attenta a non toccare la mano di
Alberto con le sue mani sozze. Porto' lo stick fra le proprie cosce, e
lo fece scivolare lentamente tutto dentro alla propria vagina.

Alberto le sorrise, guardandola mentre prendeva tutto lo stick. -
Lascialo li', - le ordino'. Prese le ultime due mollette, afferrandole
per le ganasce, stringendole con forza sui delicati capezzoli della
ragazza, stringendo finche' il gemito di dolore di Roberta non
divento' quasi un urlo. Quindi, li stacco' con un gesto cosi' brusco
che Roberta temette che le avesse strappato la carne. - Il resto
mettilo sulle poppe, con due mani - disse Alberto, accennando
all'ultimo mucchietto di feci che giaceva sul pavimento della doccia.

Roberta raccolse gli escrementi con entrambe le mani e inizio' a
spalmarseli sui seni nudi e ancora doloranti. Alberto si avvicino',
entrando nella doccia, stando attento a non appoggiare i piedi sullo
sporco. Quindi, prese la testa di Roberta, costringendola a sporgersi
in avanti e prenderglielo ancora una volta in bocca. Con calma,
inizio' a scopare la bocca di Roberta in lunghi, profondi movimenti,
che gradualmente divennero piu' veloci. Roberta sentiva che Alberto
non aveva mai avuto un'erezione simile in precedenza. Il ragazzo le
prese la bocca con violenza e a lungo, allontanandola poi di colpo,
appena in tempo per schizzare il proprio sperma sul bel volto della
sorella. I getti furono abbondanti e numerosi quanto la sua erezione
era potente.

Quando si fu scaricato del tutto, ed essersi ripulito nei capelli
della sorella, apri' nuovamente l'acqua della doccia, lasciando che
scrosciasse sul corpo prostrato di Roberta. - Per ora ho finito, - le
disse. - Lavati molto bene. Fra poco dovrai prepararmi il pranzo, e
non voglio sentire il puzzo della tua merda in cucina. Ti chiudo a
chiave. Verro' a riprenderti fra mezz'ora.

Senza aggiungere altro, richiuse l'accappatoio e usci', chiudendo
Roberta nel bagno. Roberta rimase a lungo a piangere inginocchiata
nella doccia, mentre le sue mani, quasi meccanicamente, cercavano di
rimuovere l'immonda sporcizia che le insozzava il corpo nudo.

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- Oggi e' il compleanno di nostro cugino Paolo, - disse Alberto, quando la
sorella rientro' in cucina. - La zia ci ha invitato e mi ha chiesto se
avremmo potuto guardarle i bambini mentre lei va a fare una commissione. Ti
ho messo i vestiti sul letto. Vai a vestirti.

- Si, padrone, - mormoro' Roberta. Mentre lei si voltava per recarsi in
camera, nuda eccetto per i tacchi alti, Alberto le diede un'occhiata
divertita. Roberta non aveva intenzione di disobbedire al crudele fratello,
ma era molto preoccupata. Paolo aveva undici anni. Alla festa ci sarebbero
stati molti bambini, e genitori dei bambini. Lei temeva che Alberto ne
avrebbe aprofittato, in qualche modo, per umiliarla pubblicamente, ma non
riusciva a immaginare quanto Alberto avrebbe osato. Ovviamente, non era nel
suo interesse lasciar trapelare nulla dei propri rapporti con Roberta.

Quando giunse di fronte al letto, Roberta si fermo', raggelata.
L'abbigliamento scelto da suo fratello comprendeva un top di lana
sottile, aderente, rosa confetto; una minigonna bianca con le frange che
Roberta non indossava dai primi anni del liceo; autoreggenti rosa; e un paio
di sandali bianchi col tacco. Roberta senti' il cuore che le batteva
all'impazzata. Non poteva presentarsi di fronte ad amici e parenti vestita
in quel modo...

Pensando alle punizioni che Alberto era solito infliggerle quando la sorella
disobbediva ai suoi ordini, Roberta si fece coraggio e prese il top,
tremando, e lo indosso' lentamente. Anche questo indumento era di diversi
anni prima. I seni maturi e grossi di Roberta lo riempivano completamente,
sollevandolo in modo tale che l'ombelico restava completamente scoperto.
Vedendosi nello specchio, Roberta fu colta da una sensazione di disgusto e
disperazione, e se lo sfilo', buttandolo sul letto e prendendosi il volto
fra le mani mentre le lacrime le riempivano gli occhi.

Fu riportata alla realta' da una forte pacca sulle natiche, che la fece
sussultare. Dietro di lei era apparso Alberto. - Non ti ho ordinato di
provarteli, i vestiti, - le disse, - ti ho ordinato di indossarli. Per quale
motivo ti sei tolta il top?

Il tono di Alberto era inequivocabile. - Chiedo perdono, padrone, - mormoro'
Roberta, riprendendo in fretta il top, e tornando a infilarselo sotto
lo sguardo gelido di Alberto. Alberto sorrise, avvicinandosi a Roberta,
minaccioso. - Non sai che non devi discutere i miei ordini? Pensi che quella
roba non sia adatta a una scrofa come te?

- Si, padrone, e' adatta, - mormoro' lei, piangendo. - Ho sbagliato, chiedo
scusa...

- Chiedere scusa non serve, - rispose lui, severamente. - Hai bisogno di una
punizione che non potrai dimenticare. - La guardo' con calma,
esaminando il corpo seminudo della sorella, per decidere come sarebbe stata
punita. - Ti sembrerebbe appropriato se ti facessi togliere
tutto lo schifoso pelo che hai su quella fica da sborra? Avere la fica
liscia ti aiuterebbe a ricordare come comportarti?

Roberta rabbrividi', mentre nuove lacrime le riempivano gli occhi. Non
poteva immaginare una punizione piu' terribile di quella che Alberto
le stava proponendo, ma sapeva che se non l'avesse compiaciuto, lui ne
avrebbe sicuramente trovata una. Suo malgrado, cerco' di compiacere
Alberto con la sua risposta, con la disperazione nel cuore per quello che
era costretta a dire. - Si, padrone... - mormoro' debolmente, -
merito... che la mia fica da sborra sia rasata...

- Bene, - rispose lui, infilandole una mano fra le cosce e palpandole
lentamente la vagina mentre parlava. - Questo trattamento ti fara'
apparire come una bambinetta, una bambinetta obbediente con due tettone da
scrofa. Ti piace che la gente pensi a te in questo modo?

- S... si, padrone - mormoro' ancora lei. - Voglio... vorrei tanto sembrare
una bambinetta con due tettone da scrofa, padrone...

Alberto sfilo' la mano. - Vai in bagno e depilati pube e fica, - le ordino'
con voce gelida. - Inoltre, dipingiti con smalto rosso le unghie delle mani
e dei piedi. Hai quindici minuti.

Roberta corse in bagno, con i tacchi alti che ticchettavano sul pavimento.
Dapprima si dipinse le unghie come le era stato ordinato. Sapeva come
sarebbero apparse, attraverso le calze rosa, con i sandali che le lasciavano
scoperte le dita: avrebbero fatto pensare a una prostituta. Ma non era
questa la parte peggiore. Cerco' di smettere di tremare, e inizio' a
tagliarsi i peli del pube e della vagina con le forbici. Quando furono
abbastanza corti, cerco' il rasoio che usava per depilarsi le gambe, ma per
qualche motivo non le riusci' di trovarlo. Guardando nervosamente
l'orologio, si decise a prendere la schiuma da barba e il rasoio di suo
padre. Si cosparse il sesso di schiuma, e poi inizio' a radersi con cautela.
Per depilare le labbra della vagina, dovette sistemare uno specchio da
trucco fra le proprie gambe. Quella posizione, lo strumento che stava
usando, tutto contribuiva alla sua umiliazione.

Quando fu ben rasata, torno' da Alberto. Il volto di Roberta era rigato da
grosse lacrime, e nel suo sguardo si leggeva la vergogna che provava per il
suo nuovo aspetto. Alberto la guardo' sprezzante. - Ti piace la tua nuova
fichetta, vero? Se vuoi, puoi toccartela, - le disse.

Roberta, suo malgrado, porto' la mano al proprio sesso e divarico' le gambe.
Lentamente, inizio' ad accarezzarsi la fessura, guardando Alberto negli
occhi. - Fare questo di fronte a tuo fratello, come una cagna in calore, ti
fa godere, vero, porca? - le stuzzico' lui. - Si, padrone, mi fa godere... -
mormoro' Roberta.

Alberto prese un pennarello nero e le si avvicino' lentamente. La afferro'
per un braccio e la fece voltare di spalle. In questo modo, Roberta poteva
vedere la propria immagine in un lungo specchio a muro. Stava ancora
toccandosi. - Ora completiamo la tua punizione, - disse Alberto. Roberta si
accorse che Alberto aveva aperto il pennarello e le stava scrivendo qualcosa
sulle natiche. Quando ebbe finito di scrivere, le divarico' le natiche.
Roberta rabbrividi' sentendo che lui le stava infilando il pennarello
nell'ano, e cerco', per quanto poteva, di rilassarsi per agevolare la
penetrazione. Infilato il pennarello per tre quarti nell'ano della ragazza,
Alberto le fece volgere lo sguardo allo specchio. - Guardati, - le disse, -
non sei eccitante?

Roberta volse il capo, continuando a toccarsi, e guardo' le proprie natiche.
C'era scritto "chiappe da frusta". L'estremita' del pennarello sporgeva fra
di esse. - Si, padrone, - mormoro', con gli occhi umidi di lacrime, - sono
eccitante.

Alberto si sfilo' lentamente la cinta. - Continua a guardare, - le ordino',
- e masturbati fino a venire. Poi andiamo. - Inflisse la prima violenta
cinghiata sulle natiche di Roberta. La ragazza gemette, iniziando a
masturbarsi piu' velocemente nonostante il dolore. Mentre si accarezzava le
grandi labbra e il clitoride, i suoi occhi erano fissi sulle proprie natiche
nude, degradate e frustate. Alberto le inflisse numerosi violenti colpi di
cinghia. Nonostante il dolore, oberta senti' l'orgasmo che si avvicinava
piu' rapidamente di quanto avrebbe ritenuto possibile, e infine venne sotto
gli occhi del fratello. Alberto si rimise la cinghia. - Nessun'altra
disobbedienza, oggi, o sara' peggio per te, - disse. - Ora vestiti.

Roberta abbasso' lo sguardo avvilito sugli abiti che doveva indossare, e
comincio' a vestirsi. Quando si fu messa la minigonna bianca, fu
sollevata nel vedere che, perlomeno finche' stava in piedi, l'indumento era
abbastanza lungo da nascondere l'orlo delle autoreggenti. I colori da
confetto, i sandali col tacco alto, il top troppo aderente, persino lo
smalto sulle unghie dei piedi (ben visibile attraverso le calze), tutto
contribuiva a darle un'aspetto molto equivoco, a meta' fra una teenager e
una prostituta. Alberto le fece anche sistemare i capelli in una coda di
cavallo, e non le concesse di portare gli occhiali.

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Mezz'ora dopo, erano alla porta di zia Carla. Lo sguardo che la zia diede a
Roberta quando entrarono la fece quasi tremare di vergogna. -
Scusa il ritardo, zia, - disse Alberto. Rise. - Roberta si e' voluta vestire
come una Barbie, - aggiunse. Carla annui'. - Lo vedo, - disse, con voce
gelida. - Non ci sono bambine, pero', qui. Sono tutti maschi.

Roberta, non sapendo cosa dire, si limito' a salutare sommessamente,
sforzandosi di fare un sorriso. Entrando in salotto, senti' tutti gli occhi
su di lei. Oltre a Carla, c'era un'altra signora, e una dozzina di bambini
fra i dodici e i tredici anni. Carla e la sua amica bisbigliarono qualche
commento fra di loro, con aria sprezzante, e risero.

Alberto, divertito dall'umiliazione della sorella, si sedette sul divano.
Sottovoce, ordino' a Roberta di sedersi accanto a lui. Roberta era
visibilmente tesa. Il divano era piuttosto morbido, e Roberta si rese conto
che era necessaria molta attenzione per evitare che la gonna scivolasse su
scoprendo l'orlo delle calze. Doveva anche tenere le gambe ben serrate.
Diversi bambini non riuscivano a smettere di guardarla. Per aumentare
l'imbarazzo di lei, Alberto a piu' riprese le ordino' di passargli da bere o
fare altre operazioni che la costringevano ad alzarsi e risedersi sotto gli
occhi di tutti.

- Bene, zia, quando volete...

La zia diede un'occhiata ad Alberto e alla sorella, quindi si decise. - Va
bene. Saremo di ritorno fra un paio d'ore. Se vuoi, puoi dare ai bambini la
torta che c'e' in frigo.

- Perfetto, - rispose Alberto. Carla e l'altra donna salutarono i bambini,
raccomandandosi che stessero buoni, e uscirono. Alberto chiuse la porta e
torno' in salotto. - Roberta, vai in cucina, prendi la torta e portala nella
cameretta di Paolo. Chiudi la porta. Io faccio due chiacchiere con i miei
amici qui e poi ti raggiungo.

Roberta annui', guardando il fratello con un'espressione preoccupata e
supplichevole, e dirigendosi poi in cucina. Apri' il frigo e ne trasse la
grossa torta di panna, portandola poi in cameretta. La appoggio' sulla
scrivania di Paolo, chiuse la porta, e rimase in attesa. Alberto non si vide
per cinque minuti buoni. Spiando dal buco della serratura, Roberta vide che
il fratello aveva tirato in disparte tre dei bambini piu' grandi, tra cui lo
stesso Paolo, e stava dicendo loro qualcosa sottovoce. Improvvisamente, il
gruppo si alzo', dirigendosi verso la cameretta. Roberta si scosto'
velocemente dalla porta e rimase ad aspettare che entrassero, in piedi
accanto al letto. Alberto entro' con i bambini e richiuse la porta alle
proprie spalle, dando un giro di chiave.

- Cosa... vuoi fare? - mormoro' Roberta, terrorizzata. Alberto sorrise. - Ho
deciso di fare un regalo speciale a Paolo e ai suoi amici, - disse. - Non
immagini cosa possa essere?

Roberta arrossi', scuotendo il capo. - N... no, - mormoro', dando
un'occhiata ai tre ragazzini. Non poteva credere che Alberto intendesse
costringerla ad avere rapporti sessuali con quei bambini. Lui la guardo' con
calma, e cavo' di tasca un paio di guanti di pizzo rosa. - Forse questi ti
aiuteranno a capire, - disse, porgendoli a Roberta. - Indossali.

Roberta prese i guanti, esitando, e infilo' il primo. Le arrivava al gomito.
Si accorse che le dita dall'indice al mignolo erano state cucite assieme; la
punta del pollice era cucita alla punta delle altre dita. Con quei guanti,
c'erano poche cose che Roberta poteva fare, e una di esse era masturbare un
uomo - o un bambino.

- Visto che si tratta del mio regalo, - disse Alberto, - fai la brava e non
rovinare tutto, o te ne faro' pentire. Indossa anche l'altro. -
Roberta esito', con le lacrime agli occhi, ma si infilo' il guanto sinistro.
Alberto le si avvicino' lentamente. Davanti agli sguardi dei bambini, prese
l'orlo anteriore della gonna di Roberta, facendo per sollevarlo.
Istintivamente, Roberta cerco' di trattenergli le mani, per quanto possibile
con quei guanti, mentre una lacrima le rigava la guancia. - Ti prego... -
singhiozzo', - non farmi questo...

- Credo di averti detto di fare la brava, - rispose lui, freddamente e
severamente, senza lasciare la gonna. - Togli le mani.

Roberta esito', e poi, arrossendo lascio' le mani di Alberto, abbassando le
braccia lungo i fianchi. Tremava e piangeva. Alberto la guardo' con calma e
sollevo' la gonna lentamente, scoprendo la vagina depilata di Roberta. I tre
ragazzini guardarono lo spettacolo che veniva loro offerto, arrossendo di
eccitazione. - Prima, in salotto, - disse Alberto alla sorella, - non facevi
altro che pensare agli uccelli di tutti quei bambini, vero?

Roberta esito' ancora. - S... si, - mormoro', suo malgrado. - Pensavo ai
loro... uccelli...

- Vorresti prenderli in mano uno per uno, vero?

Roberta annui' debolmente, tremando. Alberto sorrise e lascio' la gonna
della sorella. - Dovresti dir loro cosa vuoi fare, - le disse. -
Mettiti in ginocchio di fronte a loro. Guardali negli occhi e non smettere
finche' non sono io a dirtelo.

Roberta si mosse lentamente, portandosi di fronte ai tre bambini e
inginocchiandosi, i begli occhioni verdi rivolti verso di loro. Alberto la
segui'. - Mostra loro le tette, - disse Alberto, seccamente. Roberta
singhiozzo', guardando Paolo con occhi supplichevoli. Sembrava che nessuno
dei bambini provasse la minima pieta' per lei. Lo stesso Paolo la guardava
con occhi avidi, incurante dei sentimenti della cugina. Alberto si chino'
per parlare nell'orecchio. - Non ti preoccupare, tesoro, - le disse, - a
loro piaceranno le tue poppe da scrofa. - Mentre Roberta portava le mani al
top, il fratello continuo', - sembra che abbiano gradito molto anche la
vista della tua grassa fica. Se non fai la brava, dovro' concedergli di
infilarci il cazzo a turno. - Roberta rimase in silenzio, scoprendosi i seni
lentamente. Continuo' a guardare i ragazzini, che non ricambiavano piu' il
suo sguardo, intenti a osservare altro.

Alberto si era spostato verso la scrivania, come se cercasse qualcosa.
Infine, trovo' un righello di plastica pesante, e torno' da Roberta. -
Ora, solleva le tette verso di loro e implorali di toccartele, - le ordino'.
Roberta gemette. Porto' le mani ai seni. Non poteva prenderli
in mano; si limito' ad appoggiare il dorso delle mani sotto di essi e
spingerli verso l'alto.

- Vi.... vi prego, - mormoro' Roberta, cercando il coraggio. - Vi prego...
toccatele...

Alberto si chino' e colpi' Roberta sulle natiche con il righello. - Toccare
cosa?

- Toccatemi... toccatemi le tette... - mormoro' ancora lei, piangendo
debolmente. I bambini esitarono qualche istante, poi allungarono le mani e
iniziarono a palpare i seni che Roberta stava offrendo loro. Li
accarezzarono, li strinsero. Alberto li lascio' fare per diversi minuti,
godendosi lo spettacolo. Roberta continuava a guardarli negli occhi.

- Bene, - disse infine Alberto. I ragazzini ritrassero le mani dopo aver
dato ai seni di Roberta un'ultima strizzata. Alberto sorrise. Con l'indice,
tasto' i capezzoli di Roberta. - Ti sono bastate un paio di palpatine per
farli indurire, vedo, - disse. Prese le mani di Roberta e le sposto' piu' ai
lati del seno di lei. - Stringile assieme, - le disse. Roberta obbedi',
stringendosi i seni con le mani, in modo tale da far sporgere bene i
capezzoli eretti. Quindi, Alberto appoggio' il righello di plastica di
piatto su di essi. - Ora di' loro cosa vuoi fare ai loro cazzi, - disse
Alberto. Roberta esito'. - Io... voglio... - mormoro', cercando il coraggio.
Le era difficile continuare a guardarli mentre diceva quella frase, ma
riusci' a non distogliere lo sguardo. - Voglio... toccarveli....

- Se vuoi che ti autorizzi a toccarli, devi meritarlo, - le disse Alberto. -
Dovrai prendere venti colpi di righello sui capezzoli senza fiatare. -
Accarezzo' i capezzoli di Roberta con il taglio del righello, lentamente. -
Sono molto gonfi, ti faro' male. Allora, vuoi davvero prenderli in mano?

Roberta esito'. Sapeva cosa Alberto voleva da lei, e sapeva che la scelta
che le veniva concessa non era una reale scelta. - Si... - mormoro', - lo
voglio... davvero... voglio prenderli in mano... -

Alberto attese. Roberta cerco' di trattenere le lacrime. - Per favore,
colpiscimi i capezzoli, - disse, suo malgrado, - voglio tanto prenderli in
mano.

Alberto sorrise, e inflisse il primo sonoro colpo col righello sui capezzoli
della sorella, che sussulto', rimanendo a fatica in silenzio mentre le
lacrime le rigavano le guance. Alberto la colpi' ancora, e ancora. Mentre
subiva il righello, Roberta continuava a guardare i ragazzini di fronte a
lei. Non era difficile accorgersi che quello a cui stavano assistendo li
eccitava. Subi' tutti e venti i colpi sui capezzoli riuscendo a restare in
silenzio. Quindi, Alberto le indico' il letto.

- Alzati e metti la torta sul letto, - le disse. Roberta si alzo' da terra,
i seni doloranti, e appoggio' la torta sul letto come le era stato chiesto.
Si volse verso Alberto, attendendo di conoscere le sue intenzioni. - Prima
di poterli masturbare, ovviamente, - le disse lui, - devi farli eccitare.
Siediti sul letto accanto alla torta, a cosce aperte. Fagliela vedere bene.

- Ti prego... - sussurro' lei, esitando. Alberto la guardo' con crudelta'. -
Se non smetti di perdere tempo a implorare, puttana, - disse Alberto, -
quando ritornera' la zia tu starai ancora masturbando bambini, e tutti
scopriranno che razza di porca ninfomane sei.

Roberta arrossi' ancora, e si sedette sul letto, allargando le belle cosce.
- Punta i piedi sul letto, - continuo' Alberto. La sorella obbedi'. Quando i
piedi di lei furono sul letto, l'intera fessura di Roberta fu ben visibile a
tutti. Alberto diede uno sguardo ai ragazzini, per assicurarsi che
apprezzassero. I loro sguardi non lasciavano dubbi in proposito.

- Cospargitela di panna, ora, - le ordino' Alberto. Roberta lo guardo' con
la disperazione negli occhi. L'umiliazione era cosi' cocente da provocarle
un dolore quasi fisico. Tremando, allungo' una mano e prese una manciata di
panna dalla superficie della torta. Quindi, inizio' a spalmare la panna
sulla propria vagina aperta. - Infila la panna anche dentro, - disse
Alberto. Singhiozzando, Roberta introdusse un po' di panna nella propria
vagina. I guanti complicavano i suoi movimenti.

- Ora le tette, - disse Alberto. Roberta dovette prendere altre due manciate
di panna, e cospargersele sul seno nudo. - Strizzale bene mentre le ricopri
di panna, - disse Alberto. - Ai miei amici piace vedere quanto sono grasse e
molli. - Roberta obbedi'. Non potendo stringere i propri seni fra le dita,
li compresse fra le mani.- Bene, - disse quindi Alberto, avvicinandosi a
Roberta, e appoggiando il righello al viso di lei. - Ora guarda i nostri
amici e implorali di avvicinarsi e venire a leccarti fica e tette. Sii
convincente. Usa il tono che ti si addice, quello della cagna in calore.
Leccati le labbra, toccati la fica, comportati come la puttana che sei.

Roberta senti' l'impulso di protestare, dire che non poteva, ma si rese
conto che avrebbe solo peggiorato le cose. Non poteva farlo. Alzo' gli occhi
ai ragazzini. Senti' la propria voce come in un incubo. - Vi prego, -
mormoro', leccandosi lentamente le labbra dipinte di rossetto, - vi
supplico, leccate la panna... leccatemi....- Porto' una mano alla vagina,
iniziando a toccarsi con le nocche delle dita.

- Leccarti cosa? - disse Alberto, colpendola con il righello sulle cosce,
appena sopra l'orlo delle autoreggenti.

- Leccatemi... la fica... - disse lei, scoppiando in singhiozzi, - e le
tette... vi imploro... ho bisogno che mi lecchiate la fica e le tette...

I ragazzini capirono che non era uno scherzo. Le si avvicinarono. I due
amici di Paolo si misero ai lati della ragazza e iniziarono a darle lunghe
leccate ai seni. Roberta sentiva le loro lingue che scivolavano sulla sue
pelle, nell'incavo fra i seni, e sui capezzoli eretti e doloranti. Paolo
osservava. Quindi, si chino' fra le cosce di Roberta. Lei trattenne il fiato
mentre il cuginetto iniziava a leccarle le grandi labbra. Senti' la lingua
di lui girare attorno alla sua fessura, e poi spingersi dentro di essa.
Quando Paolo inizio' a leccarla all'altezza del clitoride, lei lo senti'
gonfiarsi contro la lingua del cugino, e ne provo' vergogna. Si rese conto
che si stava bagnando oscenamente.

Vedendo i due amici di Paolo che, dopo averla leccata per bene, le
succhiavano i capezzoli, Alberto sorrise. Sollevo' la gonna di Roberta, da
dietro, e appoggio' il righello sulle natiche della ragazza. - Quando sarai
sposata e incinta, - le disse, - inviteremo Stefano e Gigi a merenda, e ti
farai succhiare il latte da loro. Cosa ne dici, ti piacerebbe?

Roberta sentiva il righello che le strusciava sulle natiche. - Si, -
mormoro' fra le lacrime, - mi piacerebbe... - Alberto rise, e le colpi' le
natiche nude con forza. Quindi, cavo' di tasca una macchina fotografica
automatica. Roberta spalanco' gli occhi. - Non sto scherzando, puttana, - le
disse. - Succhieranno davvero il tuo latte. Questa mi serve per assicurarmi
che tu non decida di opporti. - Scatto' due foto della scena. - Pensa cosa
accadrebbe se queste arrivassero ai genitori di Stefano e Gigi, o alla
zia...

Roberta piangeva, impotente. I ragazzini l'avevano completamente ripulita
della panna.

- Ora mettiti seduta per terra, - le ordino' Alberto, mettendosi la macchina
fotografica in tasca e tornando alla scrivania a cercare qualcos'altro. I
ragazzini si fecero da parte per lasciare che Roberta si sedesse sul
pavimento. Non avendo dubbi sui desideri di Alberto, si sedette con le cosce
divaricate. Alberto torno' ad avvicinarsi a lei, con in mano un rotolo di
scotch e due mollette da carta. Si chino' verso di lei e le sussurro'
nell'orecchio. - Farsi fare una sega da una puttana in lacrime e' sempre
piacevole, - le disse, - ma e' ancora piu' piacevole se lei e' esposta in
modo degradante e soffre un po', non sei d'accordo?

- S... si, - sussurro' lei. - Sono d'accordo... hai ragione...

Alberto sorrise e inizio' a srotolare lo scotch. Dapprima inizio' ad
avvolgerlo attorno ai seni di Roberta, stringendoli assieme, alla base.
Applico' diversi giri di nastro adesivo, finche' non furono cosi' stretti da
sporgere in fuori gonfi e rotondi come palloncini. Li schiaffeggio' con
violenza da tutte le direzioni, come se stesse verificando la tenuta dello
scotch, strappando lacrime e gemiti alla sorella. Quindi, strappo' altri
quattro tratti di scotch. Applico' un'estremita' di ciascun pezzo di nastro
alle grandi labbra di Roberta, in quattro posizioni diverse, e le estremita'
opposte all'interno delle cosce. Il sesso e le cosce di Roberta erano ancora
umidi per la panna e la saliva dei ragazzini, e Alberto dovette aggiungere
altri tratti di scotch per assicurarsi che la presa dei primi tenesse bene.
Alla fine, lo scotch teneva la vagina di Roberta aperta in modo innaturale,
spalancata.

Soddisfatto del lavoro, Alberto applico' le due mollette ai capezzoli della
sorella. - E' ora di darsi da fare, - le sussurro' quindi, tirando le
mollette mentre le parlava. - Ci sono altri dodici bambini di la', e dovrai
aver fatto una sega a ciascuno di loro prima che torni la zia.

Roberta rabbrividi'. Si era illusa che Alberto avesse scelto tre bambini
come unici destinatari del suo "regalo". In realta', ne aveva portati in
camera solo tre semplicemente perche' aveva deciso di organizzare dei turni.

- Chiedi ai nostri amici se puoi tastarli, - le disse Alberto, continuando a
giocare con le mollette appese ai capezzoli della ragazza, tirandoli e
torcendoli lentamente. - Posso... - mormoro' lei, - posso toccarvi?
attraverso i calzoni... per favore...

I ragazzini annuirono. Roberta alzo' le mani e comincio' a tastarli con
esitazione. Tutti e tre i ragazzini sembravano avercelo ben eretto. - Sono
duri? - chiese Alberto. Roberta annui'. - Si... - mormoro', - sono duri...

- Comincia con Stefano e Gigi, - disse Alberto. Con le dita impacciate dai
guanti, Roberta slaccio' con difficolta' la patta dei due amici di Paolo.
Quindi, rabbrividendo per l'umiliazione e l'orrore, abbasso' le mutande dei
ragazzi. - Hai due mani, ci sono due cazzi da servire, - disse Alberto,
sprezzante. - Cerca di sbrigarti.

Guardando i due ragazzini con occhi umili, Roberta accolse i loro membri
eretti nell'incavo formato dai guanti fra il pollice e le altre dita.
Ricomincio' a singhiozzare mentre le sue mani iniziavano a scivolare su e
giu' su quei membri immaturi. I bambini chiusero gli occhi, rapiti dal
piacere. Roberta continuo' a massaggiarli dolcemente. Alberto si acquatto'
di fianco a lei, guardando la scena, e portando una mano sulla vagina aperta
della sorella. - Sei una bambina davvero porca, - le sussurro'. - Scommetto
che vorresti che io ti facessi un ditalino, mentre giochi con i loro cazzi.
Non e' vero?

- Si... per favore, - mormoro' lei, ancora per compiacerlo. - Per favore, un
ditalino.... - Chiedere ad Alberto di eccitarla, usando quelle parole, la
fece sentire davvero come una bambina viziosa. Senti' il fratello che
infilava il solo dito medio dentro di lei, cominciando a sondarla in
profondita', e la propria vagina che si contraeva attorno al dito di lui. Il
respiro della ragazza si fece piu' affannoso, e le sue mani iniziarono a
scivolare con maggiore vigore sui membri dei ragazzini. Mentre la fotteva
con il dito, ogni tanto Alberto lo ritraeva, le strofinava delicatamente il
clitoride, e glielo pizzicava.

Roberta sapeva che non era autorizzata a venire; anche questo divieto
contribuiva a far crescere l'animalesca eccitazione che la possedeva contro
la sua volonta'. A un tratto Alberto sollevo' la mano e gliela mise davanti
al volto. - Guarda quanto sei bagnata, vacca vogliosa, -le disse. Le dita e
il palmo di Alberto erano lucenti dei succhi che erano colati dal sesso
della ragazza. - Lecca, voglio che ti rendi conto per bene di che razza di
porca sei.

Roberta tiro' fuori la lingua e inizio' a leccare la mano di Alberto. Lui
lascio' che la ragazza gli ripulisse il palmo, e quindi le infilo' in bocca
il dito medio. Roberta lo prese e lo succhio' docilmente....

I ragazzini erano prossimi all'orgasmo. Il primo a venire fu Stefano,
gemendo ad alta voce. All'orgasmo del ragazzino non corrispose che una
minuscola eiaculazione, due gocce di liquido quasi trasparente che
scivolarono sulle dita di Roberta. Stefano lo sfilo' dalla mano di Roberta.
Alberto aveva smesso di fotterle la vagina con il dito, e si era di nuovo
armato col righello, appoggiandolo di piatto sulla fessura spalancata della
sorella. - Avresti preferito ricevere una bella razione di sborra sulla
faccia, vero, zoccola? - le sussurro', strofinando il righello contro di
lei. - S... si... lo avrei voluto... - mormoro' lei. - Le bambine con un
corpo da vacca come il tuo non dovrebbero essere cosi' golose di sborra, -
disse Alberto, simulando un tono di rimprovero paterno. - Gli uomini pensano
che tu sia una puttana appena vedono quelle grasse tette e quelculone, e il
tuo comportamento peggiora le cose. Se non impari a nascondere i tuoi
sporchi istinti, gli uomini non ti riterranno nemmeno degna di far loro da
cesso o di accoppiarsi col loro cane. Ho ragione? -

Roberta annui', continuando a masturbare l'altro bambino. - Si, e' vero... -
mormoro'. Alberto struscio' il righello con piu' forza sulla vagina aperta
della sorella, spingendo contro il clitoride. - Chiedimi di picchiarti la
fica per punizione, puttana - sibilo'. - Chiedimili di picchiarla forte e a
lungo.

- Per favore... per favore... - ansimo' lei. - Per favore picchiami la
fica... picchiamela forte e a lungo...

Alberto spinse il righello dentro la vagina di Roberta, con violenza,
strappandole un gemito di dolore. Quindi, lo ritrasse, e inizio' a colpirla
di piatto sul clitoride, con vigore. Ogni colpo strappava a Roberta un grido
soffocato, e le provocava una scossa di dolore che aveva l'effetto di
avvicinarla all'orgasmo che stava trattenendo. In quel momento venne anche
Gigi, senza eiaculazione. Mentre Alberto continuava a picchiare Roberta con
colpi secchi e ritmati sulla vagina aperta, Gigi lo sfilo' dalla mano di
Roberta e si fece avanti Paolo.

- Tocca al festeggiato, - disse Alberto. - Con lui userai entrambe le mani.
- Roberta annui', e infilo' prima la mano sinistra, poi la destra attorno al
membro di Paolo. Quindi, inizio' a pompare lentamente, con entrambe le mani.
Quando le mani di Roberta arrivavano al punto estremo del movimento verso
Paolo, il glande del ragazzino si intravedeva per un attimo fra le dita di
Roberta; per il resto del tempo, il suo membro era completamente nascosto
nelle mani della ragazza.

- Servigli le palle. Prendile in bocca e leccale, - ordino' ancora Alberto.
La sorella obbedi', chinandosi al di sotto delle proprie mani unite e
dischiudendo le labbra per prendere lo scroto del ragazzino delicatamente in
bocca. Inizio' a succhiarlo leggermente e leccarlo con dolcezza. Nel
frattempo, Alberto stava continuando a infliggere crudeli colpi col righello
sul sesso della ragazza. Roberta allargo' di piu' la bocca per prendere
l'intero scroto di Paolo, stando attenta a non stringere anche quando il
dolore inflittole dal righello la faceva sussultare. Paolo era in estasi.
Inizio' a spingere con forza nelle mani di Roberta, a un ritmo sempre piu'
frenetico. Alberto si mise a colpire la fica di Roberta a ritmo con le
spinte di Paolo. Ogni volta che il membro del ragazzino premeva nelle mani
di Roberta, questo movimento era accompagnato da una scossa di dolore nella
sua vagina.

Roberta sentiva di essere vicina a venire. Aveva un bisogno disperato che
Paolo venisse; ogni minuto in piu' la avvicinava a un orgasmo per il quale
sarebbe stata punita da Alberto. Inizio' a leccargli lo scroto sempre piu'
dolcemente, e stringere il membro con forza fra le mani, come se lo stesse
mungendo. Finalmente, Paolo venne. Roberta senti' un po' di sperma bagnarle
il palmo delle mani. Ritrasse la bocca dallo scroto del ragazzino, e si
volse verso Alberto, che stava continuando a colpirle la vagina. - Per
favore... lasciami venire... - imploro'. - Ne ho tanto bisogno... ti
prego....

Alberto sorrise, accarezzandole il volto. - Non so se te lo meriti, - disse.
- Prima di tutto, vedo che Paolo e' venuto. Ripuliscilo con la lingua.

Roberta obbedi', sfilando le mani e leccando con cura il membro del
ragazzino, ripulendolo delle scarse tracce di sperma. - Ora mettiti a
quattro zampe, con le chiappe rivolte verso i nostri amici.

- Si... si... - mormoro' lei. Si mise a quattro zampe, e si giro' in modo di
offrire ai bambini la vista delle sue natiche nude. Sapeva che, in quella
posizione, stava mostrando anche la scritta con cui Alberto le aveva
insozzato le natiche, e il pennarello che le era stato infilato nell'ano.
Tenne le cosce divaricate per mostrare anche la vagina. Alberto sfilo' il
pennarello dall'ano di Roberta.

- Ora scodinzola come una cagna, e chiedi per favore ai miei amici di
leccarti l'ano e la fica. Sarai autorizzata a venire solo quando avrai le
loro lingue in tutti i tuoi buchi.

Roberta inizio' a muovere il bacino, lentamente. - Vi prego... Gigi...
Stefano... Paolo... leccatemi... leccatemi i buchi....

Paolo fu il primo a raccogliere l'invito. Si acquatto' per terra e si chino'
fino a raggiungere la vagina di Roberta con la bocca. Inizio' a leccarla a
fondo. Stefano e Gigi esitarono, guardandosi. Evidentemente nessuno dei due
aveva mai pensato che leccare l'ano di una ragazza fosse piacevole. Infine,
Stefano si decise. Si posiziono' sopra di lei e chino' il volto, prendendo a
leccare il buco piu' intimo di Roberta. Sfinita, Roberta inizio' a venire,
un orgasmo violento, gemendo e urlando. I ragazzini continuarono a leccarla
anche dopo che era venuta, prolungando il piacere che la scuoteva. Infine,
Alberto intervenne. - Ora basta, ragazzi. Non c'e' molto tempo e bisogna
affrettare i turni.

I tre bambini non protestarono. Si riallacciarono i pantaloni. - Mandate
dentro qualcun altro, Roberta ha ancora tanta voglia, - disse Alberto.
Colpi' le natiche di Roberta con una pacca sonora. - Ne vuoi quattro, di
cazzi, questa volta? - le chiese.

Roberta, distrutta dall'umiliazione, annui'. - Si, padrone, - mormoro'. -
Quattro...

Alberto fece un cenno di intesa a Paolo. I tre fortunati uscirono con
un'aria soddisfatta. Roberta, carponi, rimase ad attendere i prossimi
bambini che l'avrebbero usata. Terminato il piacere, e rendendosi conto di
nuovo della situazione, ricomincio' a piangere. Ma sapeva che non ci sarebbe
stata pieta'....